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Trento, vendevano gioielli rubati: condanna per ricettazione

Un anno e 6 mesi a due fratelli albanesi che rifornivano un negozio specializzato. Si trattava di refurtiva e il titolare dell’attività commerciale se n’era accorto



TRENTO. Avevano contattato un negozio specializzato nell’acquisto di oro al dettaglio ed erano riusciti a vendere alcuni gioielli. Ma poi i titolari del negozio s’erano accorti che qualcosa non andava e si sono attivati per fare chiarezza sulla provenienza del materiale. Ed è emerso che si trattava di gioielli rubati. La vicenda è stata ricostruita ieri mattina, in trubunale a Trento, dove i due giovani “venditori” - due fratelli albanesi di 21 e 22 anni - sono comparsi davanti al giudice Giovanni De Donato per rispondere del reato di ricettazione.

Lunga la lista degli oggetti di cui sono stati trovati in possesso e i cui proprietari - alcuni di essi era in aula ieri - reclamavano la restituzione. Si trattava di un anello in oro giallo con due brillanti, un girocollo in oro giallo, due ciondoli in oro giallo privati delle pietre preziose, un paio di orecchini in oro giallo anch’essi senza pietre preziose, due “monachelle” in oro giallo private dei lapislazzuli, una coppia di gemelli in oro bianco, un pezzo di catenina in oro bianco a maglia molto fine, un orecchino in oro bianco privo delle pietre originali, due orecchini in oro bianco e “monachella” con zirconi, un paio di orecchini ovali in oro giallo con parte in smalto verde, orecchini antichi a nodo intrecciati in oro giallo, bianco e rosa e, da ultimo, un Rolex in acciaio da donna. Un piccolo tesoro insomma.

La difesa dei due ragazzi, che hanno subito ammesso le loro responsabilità e si sono offerti di collaborare, ha fin da subito sostenuto che i due, assolutamente indigenti e privi pure del permesso di soggiorno, erano solo due pedine nelle mani di una ben più grande organizzazione che, proprio approfittando della loro condizione, ha avuto facile gioco nel convincerli a vendere il materiale rubato, in cambio di una piccola percentuale sui ricavi. Ai due ragazzi, insomma, è stato chiesto di metterci la faccia, nella quasi certezza che la provenienza truffaldina dei preziosi sarebbe venuta fuori in fretta.

Tenuto conto di questa situazione e dell’ammissione di colpa dei due, il giudice li ha concesso ai due le attenuanti generiche e li condannati a un anno e sei mesi di reclusione e a una multa di 500 euro. Il giudice ha anche disposto la restituzione dei gioielli ai legittimi proprietari anche se, i titolari del negozio specializzato, che ne avevano acquistato una parte, ritenevano di esserne diventati ormai i legittimi proprietari. Non è andata come speravano.













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