Trento: università, la Procura cerca gli autori del blitz

Aperta l'indagine. Gli altri studenti: azione sterile, ma i problemi ci sono


Giuliano Lott


TRENTO. La Procura di Trento ha aperto un fascicolo per danneggiamenti e violenza privata a carico degli studenti protagonisti del blitz di mercoledì. Alcuni di loro sarebbero già stati individuati. Tra gli "altri" studenti, pochi condividono la modalità della protesta, «sterile e controproducente». Ma che la situazione dell'università sia quanto meno preoccupante è un'affermazione che trova quasi tutti d'accordo. Per Federico, trentino che frequenta il quinto anno di ingegneria, «interrompere la cerimonia d'inaugurazione dell'anno accademico non serve a nulla. Ma il problema è serio. L'invadenza degli investitori privati nella formazione può rappresentare un pericolo, però senza un referente all'interno dei consigli di facoltà non si va da nessuna parte. Con i nostri rappresentanti non c'è un rapporto diretto. Si fanno vedere solo in prossimità delle elezioni, a offrire caffè e bevande agli studenti per ingraziarseli e attirarli al seggio. Poi spariscono». C'è un problema di rappresentanza, amplificato dal disinteresse degli stessi studenti manifestano: solo una ristretta minoranza va a votare. Tanto che, come spiega Lidia Fioravanti, laureanda in lettere, trentina, «non abbiamo raggiunto il quorum, perdendo di fatto un rappresentante. Certo, tagliare i costi di cultura e formazione è criticabile. Ma quando si parla di diritto allo studio, mi pare che manchi il senso della misura. Stamattina ho accompagnato uno studente palestinese in questura per delle pratiche. Chiedete a lui cos'è il diritto allo studio. Qui, malgrado i problemi, la situazione non è drammatica». Anzi, le fa eco Chiara Broccatelli, di Assisi, laureanda in sociologia «questa è ancora un'isola felice, pochi se ne rendono conto. Ecco perchè quella di mercoledì è stata una pagliacciata. Chi protesta non è abbastanza informato per porsi in dialogo con le istituzioni. Il muro contro muro serve solo a svilire le questioni importanti, che pure ci sono». Al quinto anno di giurisprudenza, Alessandro Marchetti di Castelfondo condivide il principio che «tagliare la cultura è inaccettabile. Ma in tempi di crisi è giusto risparmiare. Non però con tagli indiscriminati: ci sono molti sprechi. Corsi e laboratori con due iscritti, per esempio, e molti docenti che non sanno fare il proprio mestiere. Ero tra quelli che due anni fa hanno manifestato, ci credevo. Poi mi sono reso conto che tra gli studenti più arrabbiati nessuno è in grado di sostenere un ragionamento razionale. Si protesta tanto per fare, e i problemi rimangono inalterati». Il blitz alla cerimonia ha tolto ai rappresentanti degli studenti l'opportunità di parlare al rettore Davide Bassi e al presidente Innocenzo Cipolletta. «Avevamo pronto un discorso in cui evidenziavamo i problemi, anche legati alle deleghe. Siamo comunque preoccupati per i tagli, ma cerchiamo di porci come interlocutori credibili e seri davanti alle istituzioni scolastiche, urlando al megafono non si cambia nulla. Cercavano solo visibilità» sbotta Alice Cannone, barese, presidente del consiglio studentesco. «Capisco le loro ragioni - spiega Joshua De Gennaro, rappresentante di Unileft - ma era una possibilità importante per un dialogo con il rettore. Sprecata, perchè Bassi se n'è andato subito. Però non mi è piaciuto come si è preparato il clima. Dover mostrare i documenti per entrare a quella che doveva essere una festa e chiudere le aule studio non è un bel segno».

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