Trento, Stella al Festival"L'informazione non è libera"

Il giornalista del Corriere: "Berlusconi è prepotente ma al posto suo lo sarebbe anche D'Alema. Il conflitto d'interessi? Lo riconoscono tutti, anche sua figlia e Confalonieri"


Alberto Faustini


In quest’Italia distratta del 2010, con un governo che non è affatto distratto e che considera indispensabile e addirittura prioritario imbavagliare la stampa, Gian Antonio Stella è una delle icone di un giornalismo che non guarda in faccia nessuno. Simbolo di libertà e di voglia di capire, l’inviato del Corriere è un grillo parlante che le canta al potere, con la precisione dei numeri, con inchiostro frizzante, schietto e ben dosato, con la profondità dei fatti.
Gian Antonio, se ancora c’è un giornalismo d’inchiesta in questo paese, molto lo si deve a cronisti come te. Ma sta cambiando tutto. E s’annunciano tempi duri.
E’ così. Ma penso sinceramente che accadrebbe la stessa cosa se D’Alema avesse tre televisioni proprie e fosse il più ricco d’Italia. Credimi, avremmo gli stessi problemi. Il problema non è infatti tanto Berlusconi in sé. Non è che lui sia cattivo e gli altri siano buoni.
Dunque, caro Stella, il premier è buono?
E’ un prepotente, non c’è dubbio. Ma nelle sue condizioni, per com’è fatta la politica italiana, sarebbero prepotenti anche altri. E torniamo sempre lì.
Lì dove?
All’enorme problema del conflitto d’interessi, un problema che riconoscono persino Fedele Confalonieri e la figlia di Berlusconi: Barbara. L’unico che non lo riconosce è lui, il premier. Ma è immenso e pesa tutti i giorni. Per dire: io conosco un po’ l’Australia. Lì i conduttori televisivi fanno a pezzi tutti e se il premier australiano facesse una chiamata come quella che Berlusconi ha fatto a Ballarò, anche i suoi elettori gli direbbero di andarsene a casa, perché così non si può proprio fare.
Ti senti meno libero?
Come si fa a sentirsi liberi se minacciano di dare enormi multe agli editori, di fatto inducendoli ad intervenire sul nostro lavoro, cosa che è esclusa persino dai contratti. E’ una cosa indecente.
Molti dei tuoi libri non uscirebbero. Molti dei tuoi articoli nemmeno. Stai già pensando a come cambierà il tuo modo di lavorare?
Non ci penso proprio a cambiare modo di lavorare. Ma è tutto molto più complicato. E ci sono anche editori che non vedrebbero l’ora di avere la scusa per mettere il naso nelle redazioni. Purtroppo un’idea precisa di libertà di stampa in Italia non c’è. Tant’è vero che Berlusconi ha ripetuto ciò che disse un altro famoso statista italiano tanti anni fa, ovvero che la stampa italiana è la più libera del mondo. L’altro statista che lo disse, in una storica intervista a Ludwig, fu Benito Mussolini. Sentire ripetere queste parole è inaccettabile.
La legge sulle intercettazioni ci impedirà di lavorare.
E’ una cosa assurda e insensata. Forcaiola. Dice tutto il fatto che persino un uomo schieratissimo come Vittorio Feltri, e gli va reso onore perché nella sua posizione non era certo facile esporsi, s’è comportato da galantuomo su questa roba e l’ha duramente criticata.
Oggi al Festival dell’economia, insieme a Ilvo Diamanti, parlerai di criminalità e sicurezza nell’informazione e della percezione d’insicurezza.
E’ un sentimento che non ha niente a che fare con i dati reali. Quando uno dice non puoi uscire di casa perché ti tagliano la gola, dice una enorme stupidaggine. E’ falso. In Italia oggi ci sono molti meno omicidi (un sesto) di quanti ve ne fossero negli anni Ottanta o negli anni Cinquanta. Diciamo le cose come stanno: c’è qualcuno che gioca su questo per motivi squisitamente politici, di bottega elettorale. Adesso le cose sembrano improvvismsente migliorate? Ma le statistiche dicono che c’è un percorso che prosegue da anni. Gli omicidi non diminuiscono perché ora c’è Maroni, ma perché calano da 30 anni. Erano dunque di meno anche con Pisanu e con Amato. Perché il mondo si evolve.
C’è un problema d’insicurezza percepita.
La percezione è un’altra cosa e non va sottovalutata. Ricordo che Adriano Sofri, su Repubblica, scrisse che non si può dire ad un bambino che statisticamente l’uomo nero non può far paura. Ci vuole un lavoro paziente. Le cose emotive sono complicate. E non si possono liquidare in modo sbrigativo le paure delle persone. Il più grave errore commesso dalla sinistra negli anni in cui era al governo è stato proprio quello di irridere alle paure della gente. Non si può ridere di un sentimento collettivo, come fece ad esempio Pecoraro Scanio dopo che in Veneto due extracomunitari assassinarono due custodi. Non si può proprio. Sono cose da affrontare. Sono sentimenti politici con i quali occorre fare i conti. Cavalcare questi sentimenti politici per motivi elettorali è però una cosa ignobile, assolutamente. E purtroppo c’è chi ci gioca da anni.
Ci giocano in molti, mi pare.
Mi viene in mente un episodio raccontato da Alfredo Mantovano, uomo di destra e da questo punto di vista al di sopra di ogni sospetto: in un convegno a Padova, ha detto ai prefetti che nel distretto della Corte d’appello di Lecce, c’erano stati, tempo fa, 150 omicidi in un anno. Lo scorso anno, nello stesso distretto, sono stati 13. Un calo immenso. Eppure, spiegava ancora il sottosegretario Mantovano, la gente non è mai stata spaventata quanto oggi. Il sentimento della sicurezza o dell’insicurezza può essere anche estraneo o indifferente alla realtà dei fatti. E su questo c’è da riflettere molto. Proprio per capire come affrontare il problema. Ma chi lo cavalca fa un gioco sporco.
Insomma, c’è poco da stare allegri. E temo che un giorno parleremo di libertà di stampa percepita.
Su tante cose, la penso come Navarro-Valls, che diceva che la cosa più bella e interessante di Papa Giovanni Paolo II fu sempre il suo ottimismo: lui pensava che alla fine vincessero sempre i buoni. Anch’io ne sono convinto. Ma prima che i buoni vincano, ce ne faranno vedere ancora di tutti i colori.

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