Trento: ricorso a Napolitano contro il centro islamico

Tre residenti di Gardolo: «Moschea camuffata, non ci sono le condizioni»


Chiara Bert


TRENTO. «È una moschea sotto le mentite spoglie di un centro culturale, che provocherà un carico di persone e di traffico insopportabile per la zona». Due anni dopo quello presentato da Gianni Bort, piove un nuovo ricorso - questa volta al capo dello Stato - contro il centro culturale voluto dalla comunità islamica in via Soprasasso a Gardolo. Dove la ristrutturazione è quasi finita. A presentare ricorso al Tar, nel 2008, fu Gianni Bort, titolare dell'Hotel Capitol di via Soprasasso, a cui i giudici diedero ragione bloccando i lavori. Due anni dopo il nuovo ricorso arriva da tre residenti della zona, Rosario Gilli, Cesare Rigotti e Tullio Concini, rappresentati dagli avvocati Nicola Giuliano e Gianpiero Luongo a cui si era già affidato Bort. In questo caso si tratta di un ricorso straordinario al capo dello Stato, contro il Comune di Trento e la Comunità islamica del Trentino Alto Adige: i ricorrenti chiedono l'annullamento della dichiarazione di inizio attività con cui palazzo Thun, la scorsa estate, ha concesso una sanatoria e la ripresa dei lavori di ristrutturazione sulla base di un cambio di destinazione d'uso dell'edificio, non più centro «culturale-religioso» ma semplicemente «centro culturale». Dal progetto precedente sono infatti stati tolti i riferimenti religiosi, in particolare il mirhab, la nicchia orientata verso la Mecca a cui i musulmani si rivolgono per pregare. Ma secondo i firmatari del ricorso si tratta di «aggiustamenti solo formali, nella sostanza il progetto resta quello di realizzare una moschea, seppure sotto le mentite spoglie di un centro culturale». Il ricorso contesta la conformità urbanistica dell'intervento, in quanto un «centro culturale e religioso non può essere - si sostiene - una funzione complementare rispetto al contesto residenziale circostante»: non si tratta di una piccola associazione di quartiere o di una bocciofila, ma di una struttura «che attrarrà numerosissimi fedeli, con un carico di 200-300 auto che stravolgerà l'assetto della zona, già fortemente abitata e priva di adeguata viabilità e parcheggi». Nel mirino c'è l'operato del Comune, a cui si contesta «un'istruttoria superficiale» e il via libera a un «intervento scriteriato rispetto al contesto». Tutta la vicenda, secondo gli avvocati, «è caratterizzata da un evidente disegno, cui si è prestata l'amministrazione, per eludere la sentenza del Tar».

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