Tesino, primo passo verso il Comune unico

L’incontro dei sindaci di Castello, Cinte e Pieve. Forno (Coredo) è il testimonial Sisto Fattore: «In tutto siamo 2.300, numeri che non ci consentono tre municipi»


di Silvia Fattore


CASTELLO TESINO. Se volessimo definire la serata di lunedì al Cinema teatro di Castello Tesino come un primo passo verso l'unione dei Comuni, potremmo dire che siamo sulla buona strada. O almeno, è quello che si potrebbe pensare constatando quante persone erano presenti all'incontro e hanno fatto domande ai relatori. La partecipazione della popolazione, infatti, è stata così alta da lasciar stupiti anche gli stessi organizzatori.

L'incontro, che è stato puramente informativo, ha visto come ospiti Alessandro Ceschi, direttore del Consorzio dei Comuni, e Paolo Forno, sindaco di Coredo, il paese dove si è appena svolto positivamente il referendum per la fusione dei Comuni della Predaia.

Sebbene sia ovvio che quando si parla di fusione non si tratta di questioni economiche, ma piuttosto di aspetti di identità di una comunità, il sindaco di Castello Tesino ha voluto aprire la serata spiegando le difficoltà che oggi un'amministrazione deve affrontare per riuscire a coprire tutti i costi.

«Purtroppo - ha spiegato Fattore - ci sono continui tagli ai bilanci e le risorse ormai scarseggiano in quasi tutte le voci. Senza contare l'andamento demografico negativo: in tre paesi contiamo poco più di 2.300 abitanti. Ogni anno muoiono 40- 50 persone a fronte di 14-15 nascite. Con questi dati è difficile avere tre segretari, tre uffici anagrafe».

Sempre per quel che riguarda l'aspetto economico, Ceschi ha spiegato quali potrebbero essere i vantaggi.

«In questo momento, infatti, se Castello, Pieve e Cinte si unissero potrebbero avere fino a 208.000 euro l'anno per vent'anni. Più 70.000 euro l'anno per 10 anni se si passasse da subito ad una fusione dei tre Comuni». Sì, perché quando si parla di unione delle realtà si intendono, come ha spiegato sempre Ceschi, tre diverse possibilità: «Si può intraprendere la strada del sistema associato dei servizi, oppure un unione dei servizi, dove la gestione di questi è congiunta. Infine, si può guardare alla vera e propria fusione dei comuni che potremo considerare come un matrimonio tra i tre paesi che porta alla nascita di un ente unico. Naturalmente prima di arrivare a quel livello serve che le amministrazioni abbiano metabolizzato bene la situazione, i dipendenti siano coinvolti e ci sia un progetto ben preciso».

Una fusione dei Comuni, secondo il sindaco di Coredo, Forno, «è l'unica soluzione per permettere alle nostre realtà di sopravvivere. Ci sono paesi che non possono più nemmeno garantire l'apertura quotidiana del municipio, oppure debbono rifiutare la richiesta di contributi alle associazioni. Unendosi, invece, le risorse aumentano e quindi aumenta anche la qualità dei servizi offerti. Per quel che riguarda la salvaguardia dell'identità, si può elaborare un progetto come il nostro che garantisce un rappresentante per ogni ex Comune. Se l'unione dei Comuni non partirà dal basso, a breve verrà imposta dall'alto e allora non ci sarà più nemmeno margine per contrattare».

Adesso che la popolazione ha mandato un segnale di interessamento, la palla passa di nuovo alle amministrazioni locali che devono cominciare seriamente a pensare a un progetto di fusione, in modo che sia chiaro ai cittadini quali possibilità li aspetta.

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