il sisma

Terremoto in Nepal, salvi i gruppi trentini

Sebastiano Valentini di Canazei era con una spedizione al campo base dell’Everest: «Qui è tutto distrutto»



TRENTO. «È un disastro e la paura per ogni piccolo rumore è una costante». Sono almeno 1.500 le persone morte in Nepal, uccise dal devastante terremoto di magnitudo 7.9 con l’epicentro a metà strada tra Kathmandu e la città di Pokhara. Erano le 8.11 ora italiana. E a Kathmandu c’erano tre donne di Pergine che si sono salvate perché al momento della terribile scossa stavano uscendo da un tempio. E l’architrave ha resistito e ha offerto una provvidenziale protezione alle turiste trentine. Stanno bene anche i membri di una famiglia che era partita da Canazei qualche giorno fa e che stava affrontando un trekking in Nepal.

Le notizie arrivano tramite sms e Facebook. Sono scarne ma servono per dire che, nell’immane tragedia, loro stanno bene. Il terremoto ha provocato una serie di importati valanghe anche sull’Everest e al campo base c’era Sebastiano Valentini, alpinista di Canazei che assieme a tre compagni di viaggio si stava preparando per affrontare gli 8.516 metri del Lhotse con la «Italy Lhotse Spedition 2015». «Sappiano che stanno bene - spiega da Castelnuovo Rangone Giuliana Cestari che con l’agenzia «La città del sole» aveva organizzato il viaggio - loro avevano trovato il posto per piantare la tenda vicino ad un seracco e la parete, quando è caduta la valanga, ha fatto da protezione al gruppo. Si sono subito mossi portando con loro solo lo stretto necessario e quindi lasciando al campo base tutta l’attrezzatura. Sono scesi fino al Gorak shep.»

«Stiamo tutti bene ma dobbiamo lasciare in fretta il campo base. Qui è tutto distrutto». Con una telefonata telegrafica, alle 9 di ieri mattina, Sebastiano Valentini, ha rassicurato i familiari sulla salute sua e dei suoi compagni alpinisti. «Per fortuna è riuscito a chiamare – dice Erica Bernard, mamma di Sebastiano – perché per noi, da qui, è impossibile metterci in contatto con lui». Valentini, 34 anni gestore di un bar pizzeria - nipote del forte alpinista di Canazei Sergio Valentini che nei primi anni del Duemila ha raggiunto senza ossigeno la vetta dell’Everest - è partito lo scorso 7 aprile con Mario Vielmo di Vicenza, Marco Sala gestore del rifugio Staulanza di Selva di Cadore e Annalisa Fioretti, medico di Bergamo, alla conquista del Lhotse, la quarta montagna più alta al mondo direttamente collegata all'Everest tramite il Colle Sud (7.906 m).

E proprio al campo base dell’Everest, Sebastiano e compagni sono stati sorpreso da scosse e slavine che hanno coperto le tende, disperso materiale e causato alcuni feriti. «Erano fermi in quel campo da un po’ - spiega Erica - perché gli sherpa non volevano trasportare l’attrezzatura in un altro campo per via del maltempo, degli ultimi giorni, che determinava condizioni di neve e ghiaccio instabile. Sebastiano mi aveva detto che con i compagni stava cercando di spostare tutto con gli elicotteri, ma ora non so cosa farà. Doveva rientrare il 7 giugno, magari tornerà a casa prima».

Ma Valentini non è l’unico di Canazei in Nepal in questi giorni. La famiglia Del Favaro, composta da Tommaso, impiegato comunale e vigile del fuoco volontario, la moglie Rita Lastei e la figlia Sabrina, studentessa universitaria a Trento, era partita assieme ad altre persone della Val di Fassa per un trekking di tre settimane. Sabrina, ieri pomeriggio da Namche Bazar, ha mandato un messaggio a parenti e amici dalle pagine del suo profilo facebook, dove ha scritto: «Finalmente è stata ripristinata un po’ la rete. Noi stiamo tutti bene ma la situazione è molto critica. Molte case cadute, montagne franate e sentieri inagibili. Speriamo di riuscire a tornare a casa il prima possibile. Incrociamo le dita! Grazie mille per i molti pensieri ricevuti».

In Nepal ci sono anche tre donne di Pergine, Lorenza Longo, dipendente provinciale, Serena Beber e un’amica partite giovedì per un viaggio di una decina di giorni fra le bellezze del Nepal. E anche loro per tranquillizzare chi a casa temeva per la loro sorte, hanno usato Facebook testimoniando con alcune foto il disastro. Tutti i turisti delle prossime ore decideranno se restare in Nepal o se anticipare il ritorno a casa.













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