Svuotato l’invaso di Ponte Pià I pescatori: «Nemmeno avvisati»

Fatti defluire oltre 3 milioni di metri cubi d’acqua, il lago si è ridotto a un fiume in mezzo al fango La società di gestione Hydro Dolomiti rassicura: «E’ normale, tutto nel rispetto dei limiti»


di Ettore Zini


Da lago a fiume. In una distesa di melma. Il paesaggio è irreale a Ponte Pià. In due notti il lago è stato prosciugato, svuotato dalle paratie aperte a valle. Per il Servizio acque di Hydro Dolomiti, è tutto nella norma. Nel pieno rispetto delle autorizzazioni provinciali. Ma non è usuale che 3.800.000 mc di acqua (tale è la capienza del bacino) defluiscano a valle.

«L’invaso – spiega l’ingegner Buratti di Hydro Dolomiti, la società subentrata all’Enel nella gestione dei bacini idroelettrici della provincia di Trento – è in condizioni normali. Ci sono massimi e minimi da rispettare per legge. E oggi Ponte Pià è perfettamente all’interno di questi parametri». Ci sono tabulati a cui la società concessionaria si deve attenere e, nel caso specifico, tutto è in linea con i capitolati sottofirmati. «E’ cosi – continua Buratti – per tutti i bacini artificiali, per cui è possibile che, in certi periodi, si modifichi il livello, a seconda delle esigenze della società concessionaria».

Non la pensano così i pescatori, obbligati a ripiegare le canne. E’ vero che il lago, stretto nelle forre del Sarca tra Ragoli e le terme di Comano, realizzato negli anni ’60 per alimentare le centrali idroelettriche di Santa Massenza e Pietramurata, è per gli appassionati della pesca uno degli invasi meno pregiati. Ma, viste le dieci semine programmate dall’Associazione pescatori Alto Sarca da luglio a ottobre, le sue acque diventano meta di appassionati. Che, però, con uno specchio in quelle condizioni, difficilmente potranno farci conto.

«E’ la solita storia – è il commento dei delusi – noi non contiamo niente. Da sempre fanno il bello e il cattivo tempo». La conferma viene da Emilio Fedrizzi, presidente dell’Associazione Pescatori di Tione: «Abbiamo le mani legate. Altre volte ci sono stati sbalzi di livelli, ma non possiamo interferire. Oggi, poi, non siamo stati neppure informati». Nella sua voce, c’è un misto di polemica e rassegnazione. Del resto, come ha ribadito l’ingegner Buratti, i pescatori sono semplici concessionari.

Oggi, c’è chi ricorda quel che accadde nel gennaio 1989. Allora, per l’apertura delle paratie, migliaia di tonnellate di fango avevano sepolto tutte le specie ittiche del fiume, fino alla piana di Dro e Calavino.

Oggi, infortuni di quella portata non si ripetono più. C’è molta più attenzione nel dosaggio dei deflussi, ma rimane una scarsa sensibilità per i temi ambientali. Siamo nel bel mezzo della stagione turistica e un deserto di fango ha soppiantato il paesaggio lacustre. Nel disinteresse anche di quelle associazioni che un tempo erano sulle barricate, in difesa della regolamentazione delle acque e dei disciplinari di derivazione.

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