Svende tutto sul web, ma non paga le tasse

Commerciante di abbigliamento condannato dalla Commissione tributaria. Aveva detto di essere in rosso, ma per i giudici avrebbe nascosto 126 mila euro



TRENTO. Le cose in negozio andavano male. Così, per racimolare liquidità, ha svenduto tutto su internet a un prezzo decisamente basso. Oltre 1.400 capi di abbigliamento del valore anche di 70 euro venduti a 5 euro l’uno. Un noto commerciante di abbigliamento di Riva del Garda credeva di risolvere così i suoi problemi economici. Invece ha attirato l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate che gli ha inviato un accertamento e lo ha accusato di aver nascosto al fisco un reddito di 126 mila euro. Il contribuente ha fatto ricorso alla Commissione tributaria, ma ha avuto torto. La Commissione, presieduta da Giuseppe De Benedetto con il giudice estensore Maddalena Mottes, ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate e ha respinto il ricorso del contribuente.

I fatti risalgono al 2007. La verifica fiscale effettuata presso la sede dell’azienda del commerciante aveva rilevato una pedita di bilancio pari a 187 mila euro. Il commerciante, infatti, aveva messo a bilancio acquisti per 585 mila euro, ricavi per 573 mila euro e rimanenze finali per 106 mila euro. A questo punto, l’Agenzia ha proseguito l’analisi tramite l’accesso ai conti corrente. Dopo vari incontri, l’Agenzia ha proceduto a ricostruire il reddito del contribuente tramite gli studi di settore. Secondo l’Agenzia, infatti, il bilancio non era veritiero. Il contribuente, dal canto suo, ha prodotto i dati dell’inventario per dimostrare che aveva venduto a un prezzo più basso. L’Agenzia non si è convinta e ha contestato la perdita di bilancio del contribuente. Anzi, per l’Agenzia delle Entrate nel 2007 il commerciante aveva avuto un reddito di 126 mila euro. Così si è arrivati davanti alla Commissione Tributaria. L’Agenzia ha dimostrato che la contabilità dell’attività commerciale era da ritenersi inattendibile. A dimostrazione di questo, l’Agenzia ha portato le entrate del conto corrente del commerciante e i movimenti sulla sua Postepay. Il contribuente si è difeso dicendo che aveva acquistato mnerce per un valore di 255.164 euro, ma di averla rivenduta sottocosto per creare liquidità. La percentuale di ricarico era appena del 38 per cento. Poco rispetto al 100 per cento che di solito si usa nel negozio.

La Commissione tributaria ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate che ha applicato lo studio di settore per ricostruire il bilancio e il reddito del commerciante e non ha accolto la tesi del contribuente che sosteneva di aver svenduto merce a un prezzo considerato troppo basso.

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