Rovereto

Stupro a Marco: le paure del paese

Dopo la violenza, nessuna condanna preventiva, ma tra gli abitanti il centro d'accoglienza pone molte preoccupazioni



ROVERETO.  A Marco la gente non ha voglia di parlare. Anche chi non ha mai visto di buon occhio la presenza dei profughi a pochi metri dal paese, non si sbilancia, preferisce aspettare che sia fatta chiarezza sull’episodio prima di esprimersi.

«Cos’è successo di preciso? – si chiede Giacomino Filippi, ex amministratore comunale e personaggio notissimo a Marco – Com’è possibile prendere una posizione prima che gli inquirenti arrivino a fare chiarezza e identifichino il responsabile di quanto accaduto?». A raccontare la convivenza con gli ospiti del centro della Protezione Civile è Gianni Toss, che abita vicino alla struttura d’accoglienza. «Spesso finisco di lavorare tardi – racconta – e quando rientro a casa verso le 23.30 mi capita di imbattermi in gruppi di ragazzi di colore che gironzolano per le vie del paese. Mi sono informato e so che alle 22 il centro chiude e che, in teoria non potrebbero più uscire dalla struttura. I controlli sono pochi, insomma». Ma Toss racconta anche un episodio che spiega quanto la convivenza non sia solo una chimera. «Tempo fa – prosegue – mio figlio e altri ragazzi avevano organizzato una festa in oratorio. Nel pomeriggio, ad un certo punto, sono arrivati dei ragazzi provenienti dall’ex polveriera. Non solo non hanno dato alcun fastidio, ma al termine della festa si sono adoperati per aiutare a sistemare tutto».

Pregiudizi pochi, insomma, a Marco anche se c’è la consapevolezza che la presenza in paese di tante persone con alle spalle storie difficili qualche timore lo nutre. «Si ha il timore di fare brutti incontri – ammette una ragazza – e anche i gestori dei locali, dopo una certa ora, non sono tranquilli come un tempo. Questo per dire che, come in qualsiasi parte, ci sono le persone in gamba e i farabutti. E che spesso i primi pagano per le colpe dei secondi. I profughi, d’altra parte, sono ormai una presenza costante per le vie del paese.

«Lo Stato – spiega un giovane – fornisce loro dei buoni che loro usano per acquistare cibo e altri generi. Non vi nascondo che qualche giorno fa ho avvertito un certo fastidio quando, dal tabaccaio, un ragazzo nero ha voluto pagare un pacchetto di sigarette con due buoni da 2 euro e 50 centesimi. Fumo anch’io e il vizio me lo sono sempre pagato di tasca mia».

C’è anche chi, ammettendo di non aver nulla contro i rifugiati, chiede anche che l’autorità impongano delle regole e le facciano rispettare agli ospiti dell’ex polveriera. «Dal momento in cui mettono piede in territorio italiano – commenta Iuri Toss – è giusto che vengano fatte rispettare loro le nostre regole e le nostre leggi. Questo, credo, sia il giusto prezzo per l’accoglienza».













Scuola & Ricerca

In primo piano