Smoqi, i dubbi della nuova perizia

Non è certo che le tracce di sangue sui suoi indumenti siano di Del Percio


Paolo Tagliente


TRENTO. Nuovo colpo di scena nel lungo e combattuto processo che vede il giovane albanese Lorenc Smoqi imputato del brutale omicidio dello studente trentino Luigi Del Percio, avvenuto nel freddo pomeriggio del 7 gennaio 2009, davanti alla biblioteca di Grigno. La perizia del professor Adriano Tagliabracci, infatti, smentisce in parte i risultati a cui erano giunti i carabinieri del Ris.

A rimettere in discussione il ruolo del giovane albanese potrebbero essere soprattutto le conclusioni sulle tracce ematiche presenti sulle scarpe e sugli indumenti di Smoqi (il secondo e terzo dei quesiti su cui era chiamato a rispondere) cui è giunto il docente di medicina legale presso l'Università Politecnica di Ancona cui la Corte d'Asside di appello aveva affidato la perizia il 28 marzo scorso.

In primo luogo, secondo Tagliabracci, non è possibile stabilire se le tracce sugli indumenti di Smoqi siano riconducibili ad impatto originario, e cioè al momento in cui l'albanese avrebbe inferto le coltellate allo studente, o a contaminazioni successive, e cioè legate all'oggettiva presenza dell'imputato sul luogo del delitto dopo che questo era stato commesso. Non solo. La risposta al terzo quesito, la perizia del luminare porta a risultati notevolmente diversi da quelli a cui erano giunti gli esperti dell'Arma di Parma.

«Gli accertamenti eseguiti sui corpi di reato, costituiti dall'abbigliamento dell'imputato e dal coltello da cucina recuperato - scrive Tagliabracci -, non hanno consentito di rilevare tracce biologiche della vittima. La valutazione tecnica dei risultati acquisiti dai Ris di Parma (...) ha rilevato alcune incongruenze nel percorso analitico e inesattezze nell'interpretazione dei risultati».

Tagliabracci si riferisce, in particolare, alla scarpa di Smoqi su cui c'era una traccia di sangue «che presenta un profilo genetico a quello di Del Percio per 6 loci, con un random match probability pari a uno su più di 58 milioni». In parole povere, secondo l'anatomopatologo marchigiano ha calcolato la probabilità di trovare un soggetto con quel profilo genetico nella popolazione, appurando che questa è pari a uno su quasi l'intera popolazione italiana.

Secondo i carabinieri del Ris lo stesso calcolo portava la probabilità a una su 1300 miliardi di soggetti. In entrambi i casi, è vero, si parla di numeri enormi, ma il divario tra i due risultati è davvero grande. Ma se i risultati non forniscono certezze sugli esami strettamente chimici, altre indicazioni arrivano dall'esame degli aspetti più strettamente "meccanici" dell'omicidio. Il primo quesito, invece, sollevato fin da subito dall'avvocato difensore di Smoqi, Lorenzo Tornielli, riguardava la stessa quantità di sangue presente sugli indumenti del presunto assassino.

«Possibile - si è sempre chiesto Tornielli - che nonostante i colpi che egli avrebbe inferto, Smoqi si sia sporcato pochissimo? No, non è possibile e, quindi, l'assassino va cercato altrove». Di diverso parere Tagliabracci: «È congruo ipotizzare, rispetto al numero, entità e natura delle lesioni inferte alla vittima, che l'autore del delitto possa essere stato attinto da sole limitate microtracce, quali quelle rinvenute dai Ris sull'abbigliamento dell'imputato». Per accusa e parte civile, quest'ultima sostenuta dagli avvocati Luca e Chiara Pontalti, l'esito della perizia non è certo quello sperato, ma è pur vero che non fornisce ancora risposte univoche e definitive. Per sapere cosà accarà ora bisogna attendere il 26 settembre, giorno in cui è fissata la prossima udienza.













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