Sicurezza in discoteca, firmato il protocollo al Commissariato

trento. «Io devo pote’ vede’ se c’hai un cortelo o ‘n mazzo de chiavi… Devo capi’ se ‘n tasca tieni un rotolo de sordi o ‘no spray ar peperoncino» dice con inflessione romanesca Franco Cecconi,...


Jacopo Strapparava


trento. «Io devo pote’ vede’ se c’hai un cortelo o ‘n mazzo de chiavi… Devo capi’ se ‘n tasca tieni un rotolo de sordi o ‘no spray ar peperoncino» dice con inflessione romanesca Franco Cecconi, presidente della Associazione Sicurezza Sussidiaria. Siamo in via Piave, al Commissariato del Governo. E Cecconi ha appena firmato un patto di non-belligeranza: un «protocollo d’intesa» per la sicurezza nelle discoteche, chiesto da anni a gran voce dagli imprenditori del settore. Presenti, per le categorie economiche, i rappresentanti di Fiepet, Confersercenti, Federsicurezza, Assiv, Assointrattenimento, Federpol e Anivp; per gli operatori delle forze dell’ordine il questore Giuseppe Garramone, il comandante provinciale dell’Arma Luca Volpi, il colonnello Stefano Lampone per la Finanza, il vice prefetto Domenico Lione.

Il patto, cui i gestori dei vari locali trentini potranno decidere se aderire o no, è il risultato di alcune linee guida pensate da qualche tempo al Ministero degli Interni (era il 2015, c’era ancora Alfano). È una di quelle intese che spesso vengono fuori, per gestire un settore ritenuto problematico (il caso più famoso? le squadre di calcio per gli ultras, quello più dibattuto? le ONG con i migranti…). Il patto prevede impegni reciproci. Da parte degli operatori della sicurezza e impresari della notte: rispettare le norme, selezionare i clienti, non servire alcolici ai minorenni, collaborare con Polizia e Croce Rossa, assumere personale titolato, istallare telecamere. Da parte delle forze dell’ordine: intensificare i controlli fuori dai locali e garantire alcuni «meccanismi premiali», come andarci piano con il sequestro dei locali (quando, per dire, il Cocoricò di Rimini era rimasto chiuso per mesi…) o intensificare i controlli sui locali abusivi (fonte di concorrenza sleale).

Gli imprenditori, in caso di grane, ottengono meno rischio d’impresa. La polizia, un buon modus operandi. Ma soprattutto, si potranno combattere meglio i rischi di alcol, risse e droghe del malfamato mondo della notte. Anche se, sembra di capire, non sono casi così frequenti da noi, forse per via del «tradizionale rispetto della legalità dei trentini», come dice un funzionario con un pizzico di magniloquenza, forse perché qui sono pochi gli ammalati di febbre del sabato sera. Ma, poiché non bisogna mai dire mai, viene da chiedersi: in Trentino è possibile un caso Corinaldo? «Con le regole che chiediamo noi – risponde gentile il grosso Cecconi - un caso Corinaldo non sarebbe stato possibile neanche a Corinaldo, puoi stanne certo». E prende a elencare le sue ragioni.













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