IL CASO

Senza rimborsi pubblici i partiti costretti a tagliare

Il personale tra le voci più pesanti. L’Upt ha licenziato una delle due dipendenti Pd, immobili nel mirino. I Verdi: «Resistiamo con le somme accantonate»



TRENTO. L’Upt lo scorso ottobre ha licenziato una delle due dipendenti del partito, l’altra - assunta a tempo indeterminato - è passata da un contratto a 36 ore a uno di 30. In più c’è una collaboratrice che lavora a chiamata. Al Pd - dove le dipendenti sono due, a tempo pieno - per ora niente tagli al personale. Ma la voce pesa, 91 mila euro nel 2014, dove dal Pd nazionale sono arrivati 37.769 euro di rimborsi per le provinciali 2013 e 58.489 euro per le politiche. «Quando si parla di persone è l’ultima voce su cui si vuole incidere», osserva l’ex segretaria Giulia Robol, «ma in prospettiva una riflessione andrà fatta sulle sinergie tra il personale del partito e quello del gruppo consiliare, per evitare doppioni».

Partiti alle prese con la spending review al tempo del taglio al finanziamento pubblico. La legge 13 del 2014 lo ha abolito a scalare di un 25% all’anno fino all’azzeramento nel 2017. Nel contempo è stato introdotto il 2 per mille, il cui gettito è ancora da quantificare e che comunque non sarà paragonabile ai cospicui rimborsi che arrivavano da Roma (l’anno scorso il Patt raccolse poche centinaia di euro). «Il calo delle risorse è stato fortissimo, tutti i costi erano calibrati sul finanziamento pubblico e oggi si corre ai ripari», spiega la segretaria Upt Donatella Conzatti, «e per fortuna - ammette - che abbiamo ancora un parlamentare al Senato eletto con il simbolo che ci garantisce una quota». Il resto viene coperto dalle quote versate dagli eletti, parlamentari, assessori e consiglieri provinciali, sindaci, assessori e presidenti di Comunità. Il vantaggio per loro è che la legge nazionale ha aumentato le detrazioni sui versamenti (26% fino a 30 mila euro). «Ma per risparmiare sul personale - prevede Conzatti - ci si affiderà sempre più a giovani collaboratori pagati con i voucher. E i partiti rischieranno di essere sempre più condizionati dalle lobby dei finanziatori privati».

Nel nuovo regime di vacche magre, secondo Robol un ragionamento il Pd dovrà farlo anche sugli immobili. Come quello, a Rovereto, donato dalla Margherita nel 2012, valore 300 mila euro ma con un mutuo residuo (a carico del Pd) di 108 mila euro. O come l’ex sede di Trento Nord, di proprietà della Fondazione Ds. E se per i grandi l’impatto è stato forte, lo è stato ancora di più per i piccoli partiti. Come i Verdi trentini, che prima hanno perso il parlamentare, poi anche il consigliere provinciale. Senza più rimborsi e privi del 2 per mille. «Sopravviviamo con quanto accantonato nel passato e grazie all’autotassazione, degli eletti nei Comuni e non solo», spiega la portavoce Lucia Coppola. Per ora la segretaria part-time resiste, così come la sede in affitto. (ch.be.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano