Senato, nessuno cede: si tratta a oltranza

Tra Pd e Upt intesa lontana: il nodo resta il sostegno a Bersani premier. A rischio anche l’alleanza Patt-Svp per la Camera


di Paolo Morando


TRENTO. Gira e rigira, il nodo resta quello dell’accordo tra le forze del centrosinistra autonomista per i collegi del Senato. E per come si stanno delineando le posizioni dei vari partiti, scioglierlo compiutamente sarà davvero un’impresa. I tasselli attesi ieri, che avrebbero dovuto fornire un aiuto decisivo per la composizione del puzzle, in realtà non combaciano ancora. A partire dalla posizione espressa in serata dall’Upt, che al termine di una riunione del proprio coordinamento provinciale ha riportato le cose al punto di partenza. Serviranno insomme altre trattative. E non a caso la stessa Upt ha dato mandato al proprio segretario Flavia Fontana «di prendere le opportune iniziative con tutti i partner di coalizione». E di farlo da subito, anzi, già da ieri sera. Proprio perché i tempi si stanno facendo sempre più stretti. Con le porte, pur ancora socchiuse, che faticano a spalancarsi davvero. Ecco perché.

La “tentazione” del Pd. Ieri a Roma per un incontro post-primarie dei segretari regionali con Bersani proprio per la definizione delle liste (vedi in basso, in particolare per quanto riguarda la spinosa questione Bressa), e all’indomani del mandato affidatogli dal coordinamento provinciale a trattare con Upt e Patt, il segretario del Pd Michele Nicoletti ha infatti incassato un sostanziale via libera alla propria linea originaria: cioè procedere sì ad accordi con gli alleati in Provincia, allargando così l’intesa che a Bolzano con la Svp è già in fase avanzata di definizione, ma a fronte di una esplicita dichiarazione di sostegno a un governo del centrosinistra. «Non è nulla di trascendentale, quella che chiediamo in cambio della nostra più ampia disponibilità è anzi un’ovvia posizione di chiarezza e di rispetto degli elettori», commenta Nicoletti, che però sa bene che così non è: comporterebbe infatti per l’Upt di Dellai una netta scelta di campo pro Bersani nel momento in cui, invece, Monti si sta sempre più caratterizzando come il vero “competitor” del leader del Pd. Non solo: aggiunge infatti Nicoletti che la segreteria nazionale, pur nel quadro «di una collaborazione regionale delle forze territoriali», si aspetta che il Pd «abbia ovviamente il riconoscimento del proprio ruolo di motore della collaborazione con altre forze, e che per questo abbia una rappresentanza parlamentare adeguata». Il che, tradotto, significa in sostanza una cosa precisa: che a Roma il Pd si sente sufficientemente tranquillo (cioè fiducioso di un successo elettorale) per far “pesare” la propria posizione di forza nella trattativa a livello locale con Dellai. Anche a costo di tirare dritto. Il che significherebbe propri candidati in almeno due dei tre collegi senatoriali, senza dunque “cederne” uno ai dellaiani o montiani che dir si voglia. Confidando insomma di portarli a casa entrambi anche in presenza di candidati centristi.

Il Patt in mezzo al guado. I collegi del Senato sono però tre: Trento-val di Non, Rovereto-Garda-Giudicarie e Valsugana-Fiemme-Fassa. Uno dei quali, probabilmente quest’ultimo, da affidare a un candidato del Patt, quasi certamente il segretario Franco Panizza, in virtù dell’accordo a Bolzano con la Svp per il collegio “italiano” di Bolzano: dove si lavora per mettere in corsa un esponente della Stella alpina sostenuto dal Pd, come accaduto in passato per Oskar Peterlini. Il Patt però, che ieri sera ha riunito il proprio ufficio politico, non ci tiene affatto a “spostarsi” alla sinistra di Dellai, né oggi né domani. A costo di far saltare il banco. Lo dice senza mezzi termini il segretario Franco Panizza: «L’accordo sul Senato per noi è imprescindibile: se non lo si raggiunge, non sigleremo neppure l’alleanza regionale per la Camera con la Svp e resteremo al centro, a fianco di Dellai». Una posizione estrema che però va “ponderata” anche alla luce dell’intervento della mattinata dell’assessore Ugo Rossi. Che dopo aver sentito il premier Monti a “Radio anch’io” ha “scandito” via mail a chiare lettere: «Su riforma dello Stato, autonomie e federalismo non ci siamo!». Il timore di Rossi sta nella volontà, avvertita nelle parole del premier, di procedere unilateralmente sulla riforma del Titolo V della Costituzione. Un punto che, come si ricorderà, a suo tempo aveva sollevato vigorose proteste anche da parte di Dellai. Va detto peraltro che ieri mattina Panizza ha incontrato il segretario della Volkspartei Richard Theiner, per definire l’intesa sulla Camera: un’altra porta che dunque resta ancora aperta, e dalla quale le Stelle alpine trentine vorrebbero addirittura far passare un proprio candidato non al quarto posto della lista comune con la Svp, ma addirittura al terzo, contando insomma su una probabile elezione appunto di quattro e non di tre deputati. Certo, non sarà affatto facile, ma intanto la richiesta è stata formulata. Fermo restando, ribadisce però Panizza, che prima va sciolto il nodo del Senato. La cui soluzione, qui sta il punto, diventerà decisiva per i rapporti futuri all’interno della coalizione provinciale. Con possibili (e pesanti) conseguenze anche nello stesso Pd.

L’apertura dell’Upt. Che in realtà è tale solo fino a un certo punto. Il coordinamento provinciale, ieri sera, ha infatti ufficializzato (con voto unanime) di sostenere alla Camera il progetto politico legato all’Agenda Monti e a Dellai, creando un gruppo di lavoro composto dal segretario Flavia Fontana e da Corrado Buratti, Gianpiero Passamani, Tiziano Mellarini, Mauro Betta, Alessandra Sordo e Alessio Rauzi. E fin qui nulla di inatteso. Per il Senato, invece, riecco la porta socchiusa. Da un lato infatti l’Upt auspica un’intesa su candidature «autorevoli, di coalizione e capaci di rappresentare la nostra comunità nel Parlamento». Dall’altro però, e non poteva essere altrimenti, non si va affatto incontro alla richiesta del Pd di esplicitare un sostegno alla premiership di Bersani. L’Upt rilancia invece con un’altra formula: un’intesa «su una proposta che, partendo dal valore dell’Autonomia, sappia essere chiaramente alternativa a Berlusconi, alla destra, alla logica leghista e a tutti i populismi». Invece del “pro Bersani” comune, insomma, un “contro Berlusconi” comune. Basterà?

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