la polemica

Sanità, la “rivolta” di Comuni e Comunità

Il documento già inviato alla giunta: i presidi ospedalieri di valle vanno potenziati. Rossi: urgenze e alta specializzazione a Trento e Rovereto


Giuliano Lott


TRENTO. Non sarà una rivolta, ma che quella proclamata da sei presidenti di Comunità di valle e da uno stuolo di sindaci sia una decisa opposizione ai piani dell’assessore alla sanità Donata Borgonovo Re, non c’è alcun dubbio. Facendo i conti della serva, tra Comunità e Comuni sono circa 150 le amministrazioni rappresentate che ieri si sono riunite al Consorzio dei comuni per presentare un documento già esteso al presidente Ugo Rossi, alla giunta e al consiglio provinciali, oltre che al presidente del Consiglio delle autonomie locali Paride Gianmoena. Il contenuto è inequivocabile: i presidi sanitari di valle vanno non solo mantenuti, ma potenziati, e le comunità locali devono essere coinvolte nelle scelte strategiche e politiche in fatto di sanità. Per i “dissidenti” - ben oltre la metà dei comuni trentini, uniti dalla stessa preoccupazione a prescindere dallo schieramento politico - la ventilata chiusura del centro nascite di Tione e la “messa sotto osservazione” di Cavalese rappresentano scelte sbagliate sia nel merito che nel metodo, calate dall’alto senza alcun confronto con i territori di riferimento. A spiegare la situazione sono stati i presidenti delle comunità delle Giudicarie (Patrizia Ballardini), della val di Non (Sergio Menapace), della val di Sole (Alessio Migazzi), della val di Fiemme (Raffaele Zancanella), della Valsugana e del Tesino (Sandro Dandrea) e la Procuradora del Comun general de Fascia (Cristina Donel), coadiuvati da un nutrito numero di sindaci. Tra questi, uno dei più duri è stato il sindaco di Borgo Valsugana Fabio Dalledonne, che in un severo intervento ha esortato i trentini a ribellarsi a un modello di sanità inadeguato alla nostra realtà, sostenendo che già in molti si sono già mobilitati e c’è il rischio che «non bastino i forconi» per tutti. «Non mi piace essere preso in giro. Capiamo la logica della razionalizzazione dei costi e del risparmio, ma proprio in quest’ottica bisogna prima poter fornire negli ospedali di valle il 100% dei servizi erogabili. Non può essere che per una banale appendicite, o per un parto, sia necessario andare a Trento. Questo i cittadini non possono capirlo, e tocca a noi sindaci spiegarlo alla gente. La provincia ci dica su quali eccellenze possiamo puntare, ci possiamo confrontare e prendere delle scelte migliori, ma è comprensibile che la gente sia furibonda». Dalledonne forse esagera, ma non nell’apprezzare il malcontento che si leva dalle valli. Qualche giorno fa in poche ore all’ospedale di Tione sono state raccolte circa 800 firme per il mantenimento del presidio ospedaliero, e iniziative analoghe sono state avviate in autonomia a Pinzolo e a Cavalese. Zone in cui l’indotto turistico fa sentire il suo peso, e anzi l’alta densità turistica giustifica (con particolare riferimento al target “famiglie”), secondo Patrizia Ballardini, scelte di segno opposto rispetto alla direzione scelta dall’assessore Borgonovo Re.

Il documento parla chiaro fin dall’incipit: «Il mantenimento di presidi ospedalieri efficienti, con servizi sicuri e di qualità che rispondano alla domanda di sanità delle comunità di riferimento, risulta condizione imprescindibile per garantire la qualità della vita e le necessarie risposte al bisogno di salute dei cittadini dei territori periferici della provincia»

La politica sanitaria, aggiungono, non può basarsi «sul mero numero delle prestazioni erogate dai presidi ospedalieri di valle, altrimenti verrebbe meno la scelta di incentivare e sostenere i presidi erogatori di servizi nelle comunità di montagna». L’accentramento dei servizi sanitari essenziali sugli ospedali di Trento e Rovereto va anzi contrastato, e le strategie decise insieme ai territori periferici, non contro di essi. I Comuni e le Comunità chiedono dunque di «sospendere qualunque decisione fino a che non sia stato predisposto un organico e dettagliato Piano sanitario provinciale nel quale venga ripensata l’attuale articolazione del sistema sanitario (con particolare riferimento anche al Not), al fine di garantire il reale funzionamento dell’Ospedale del Trentino concepito in rete tra i sette attuali presidi e parità di trattamento per tutti i cittadini».

Rossi, che ha già accolto la richiesta d’incontro da parte dei “dissidenti”, commenta così: «Le scelte non si fanno solo in base ai numeri standard, che vanno considerati insieme con i dati di esito. Ci possono essere ospedali dove gli standard sono rispettati ma gli esiti sono negativi. La sicurezza oggi è più che garantita nelle strutture ospedaliere provinciali, i nostri operatori sanno riconoscere in anticipo la situazione e indirizzare le donne a partorire nell'ospedale più idoneo. L’obiettivo è concentrare urgenze e alta specializzazione a Trento e Rovereto, tutto il resto andrà nella rete periferica. Garantiremo a Comuni e Comunità di valle il livello di coinvolgimento che è giusto garantire, poi assumeremo le scelte. Il nostro scopo - conclude - è migliorare i servizi territoriali».

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