Sanità: il ministro Fitto bloccala legge provinciale del Trentino

Contestate alcune disposizioni sull'assunzione del personale, le nomine dei dirigenti legate al direttore generale ma anche la cosiddetta medicina complementare. Secondo il governo si tratta di norme che ''eccedono dalla competenza concorrente attribuita alla regione in materia di 'professioni' e di 'tutela della salute''



TRENTO. Al governo non piace la legge sulla salute che l’assessore Ugo Rossi ha portato in aula e fatto approvare al consiglio provinciale solo due mesi fa. Il ministro Raffaele Fitto, che cura i rapporti con le Regioni e la Coesione territoriale, ha portato la questione al governo che ha impugnato la legge provinciale e ha presentato alcune contestazioni.

Ci sono tre aspetti che vengono evidenziati e in tutti si rileva un accentramento di competenze non proprie della legge provinciale, ma superate da quella nazionale. Due casi sono abbastanza tecnici, anche se comunque di un certo peso qualora venissero confermati poi in sede di corte costituzionale. Per quanto riguarda l’accesso al pubblico impiego, la legge sulla sanità si riferisce unicamente alla normativa trentina, ma Fitto sostiene che si deve tenere conto anche della competenza è statale. Un secondo aspetto è relativo alla formazione dell’elenco dei medici che praticano le medicine complementari. I criteri per l’ammissione, sostiene il ministro, non spettano alla giunta provinciale: ci sono prima le normative statali e poi quelle regionali.

Decisamente più “pesante” è la terza accusa che viene rivolta alla legge provinciale, cioè quella di violare «i principi del buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione». La questione è quella della decadenza di alcuni dirigenti dell’Azienda sanitaria novanta giorni dopo l’assunzione del dirigente generale. In qualche modo il governo ci vede una possibilità di intromissione della politica su nomine tecniche secondo un concetto di spoil system che cozzerebbe con l’articolo 97 della Costituzione e non applicabile alla buona gestione della pubblica amministrazione.

La ratio della legge, almeno dal punto di vista dell’assessore Rossi, è invece esattamente opposta. Qui si tratta di dirigenti apicali (non dei primari, tanto per capirsi) che lavorano al fianco del direttore generale e del quale dovrebbero godere della massima fiducia. All’interno dell’autonomia che si vuole dare all’Azienda sanitaria c’è dunque anche la possibilità al massimo dirigente di “farsi la squadra”.

Ora la Provincia dovrà resistere all’impugnativa presentandosi davanti alla Corte costituzionale. L’assessore Rossi è certo che i rilievi saranno smontati ad uno ad uno, anche perché la preparazione in fase di stesura della legge provinciale era stata molto attenta.

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