Sanità: i trentini vanno a curarsinegli ospedali fuori regione

La fotografia della sanità trentina realizzata dalla prestigiosa Scuola di Sant’Anna di Pisa per conto del Ministero della salute inquadra un servizio molto buono, efficiente: forse non vale il bacio accademico, ma una promozione a pieni voti è tutta meritata. Con il neo della migrazione



TRENTO. Ancora molti trentini si rivolgono più volentieri agli ospedali di fuori regione. La fotografia della sanità trentina realizzata dalla prestigiosa Scuola di Sant’Anna di Pisa per conto del Ministero della salute inquadra un servizio molto buono, efficiente: forse non vale il bacio accademico, ma una promozione a pieni voti è tutta meritata. Con il neo della migrazione.
 L’unica voce negativa, paradossalmente, è quella che registra le “fughe” verso altre regioni. In questo campo siamo a livello di Calabria e poco sotto Molise, Basilicata e Valle d’Aosta. Da questo punto di vista i più virtuosi sono i lombardi che fanno quasi tutto in casa, ovviamente anche perché dispongono della strumentazione più adeguata in quasi tutti i campi medici. In questo caso la percentuale è del 4,2 per cento. Poi segue la provincia di Bolzano (6,17 per cento) e la Sardegna (6,53). La provincia di Trento arriva abbondantemente distanziata anche da regioni come Abruzzo, Puglia, Campania che invece complessivamente nel giudizio sulla sanità navigano in fondo alla graduatoria.
 A pesare è soprattutto la “disaffezione” ad ortopedia - realtà e leggende si susseguono dai tempi di villa Igea, quando l’azienda sanitaria fu addirittura costretta ad ingaggiare personaggi di calibro per pubblicizzare il servizio - e in effetti la ricerca mette in evidenza dati non positivi sulle attese. Per ematologia il riferimento è ancora Bolzano e qualcosa pagano anche diagnostica e urologia. Alle volte è semplicemente la lista d’attesa che convince il paziente ad andarsene, magari a Verona. E qui gli “stranieri” vengono accolti volentieri, non tanto per questioni di business (a meno che non si tratti di cliniche private), ma per una questione di prestigio e di ampliamento del bacino di utenza che poi si lega alla disponibilità di attrezzature. «E’ solo una questione di fiducia - commenta l’assessore alla Sanità, Ugo Rossi - perché la qualità è documentata proprio da questo studio che ci rende onore».
 Ecco, a proposito della classifica generale elaborata ieri dal Sole 24 Ore complessivamente la sanità trentina ne esce benissimo. Valutando 28 parametri, per 25 viene dato l’ok e vale il sesto posto. Prima del Trentino ci sono la Toscana (che fa l’en plein), Emilia Romagna e Veneto (che sfiorano la perfezione) e Piemonte e Friuli Venezia Giulia (25 punti a favore e tre negativi). La vicina provincia di Bolzano naviga in acque più lontane: le voci positive si equilibrano con quelle negative (15 a 13).
 Su due aspetti in particolare il Trentino si merita di salire sul podio: uno è il ridotto ricorso al parto cesareo; l’altro è l’adeguatezza dei ricoveri, cioè la loro durata e la loro efficacia. I parti cesarei sono vere e proprie operazioni chirurgiche, quindi vengono sconsigliate quando ovviamente non siano strettamente necessarie. L’Organizzazione mondiale della sanità stima nel 15 per cento il massimo dei cesarei su tutti i parti. Siamo ancora lontani da questo, ma Trento si attesta su un buon 23,38 per cento, quando invece in Campania (ultima in questa speciale graduatoria) ricorre al cesareo per il 61,88 per cento dei casi. Da podio, dicevamo, anche per quanto riguarda le degenze brevi (dato considerato virtuoso perché significa che il territorio riesce a provvedere alle necessità sanitarie senza arrivare all’ospedalizzazione). Ma va bene anche l’“uso” dei letti ospedalieri: le degenze pre operatorie sono ridottissime (in media un giorno), così come i ricoveri per interventi che potrebbero essere svolti in day hospital. Il sentimento popolare vede tutto questo come negativo, ma in realtà è assolutamente virtuoso. Soprattutto perché - e anche questo è un dato messo in rilievo dall’autorevole ricerca - il rientro del paziente in ospedale entro i 30 giorni successivi all’intervento per la stessa causa in Trentino è tra i più bassi. Ciò significa alta professionalità: la diagnosi si dimostra precisa e l’intervento efficace; si raggiunge così il duplice obiettivo di curare nel modo corretto e quello di ottimizzare le risorse a disposizione













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