«Sanità, andiamo a Roma per dire no»

Domani i funzionari dell’assessorato dal commissario Bondi per i tagli. L’assessore Rossi: «Gli ricorderemo solo lo Statuto»


di Robert Tosin


TRENTO. Tanto perché qualcuno non interpreti male o si faccia strane illusioni, l’assessore Ugo Rossi è stato lapidario: a Roma ci andiamo, ma non per trattare. Tocca al suo assessorato il primo faccia a faccia con il “signore della spending review”, quell’Enrico Bondi chiamato dal governo tecnico addirittura con il ruolo di commissario, dotato di cesoie affilatissime. Domani tocca proprio a Trentino e Alto Adige. Le due Province autonome sono state invitate al tavolo romano per parlare di costi nella sanità. Il decreto, tanto per far capire che non sarà una gita di piacere, ha già messo in chiaro che il Trentino deve (dovrebbe) cancellare oltre 400 posti letto rispetto all’attuale dotazione, passando dai 4 ogni mille abitanti ai 3,7. Senza poi contare la partecipazione in soldoni al disastrato bilancio della sanità nazionale.

«Siamo stati chiamati e per cortesia istituzionale rispondiamo» dice serafico Ugo Rossi, assessore autonomista alla sanità trentina che pesa nel bilancio provinciale per oltre un miliardo di euro e che è impegnata a costruire un ospedale tutto nuovo da 300 milioni di euro. «Certo che ci andremo, ma è un incontro fra tecnici perché il tavolo politico è un altro e lo stiamo aspettando». Ma i funzionari della sanità trentina hanno il compito di affrontare Bondi piuttosto a muso duro. Niente licenze di spiegare, chiarire, proporre, suggerire. «No, niente di tutto questo. E poi, non si tratta di fare i permalosi o gli scontrosi. Stiamo parlando di norme, quindi noi ci atteniamo a quelle in tutto e per tutto. Quindi i nostri funzionari andranno ad ascoltare quello che Bondi vorrà dire e consegneranno un memorandum. Il quale, in buona sostanza, dice che quella norma sui nostri posti letto è illegittima e incostituzionale, come lo è la richiesta di intervenire sui fondi del servizio sanitario nazionale quando noi non abbiamo nulla a che fare con quei soldi. La sanità trentina è pagata solo ed esclusivamente dai trentini, lo Stato non ci mette un centesimo».

E’ molto probabile però che Bondi sfoderi tabelle, diagrammi e annotazioni, rispolverando anche la vecchia questione dei costi standard, vale a dire la necessità - se non l’obbligo - delle regioni di fissare dei costi standard a cui attenersi rigidamente, in modo che lo Stato centrale possa verificare la congruità dei pagamenti. Non solo. Sul tappeto ci sarebbe anche l’obbligo (e non solo nel comparto sanitario) di appoggiarsi a centri d’acquisto, in modo da spuntare prezzi migliori ed evitare che lo stesso prodotto subisca variazioni di prezzo esagerate quando a comprare è l’ente pubblico.

«Sì, immagino che Bondi illustrerà i dati che ha raccolto su di noi e presenterà dei raffronti, però quello che noi andiamo a fare a Roma non è di certo una trattativa. Anche se pure il sistema di valutazione di certi parametri adottato da Roma sarebbe discutibile, visto che hanno inserito voci non sempre attinenti. Ma, appunto, questa è un’altra discussione. Resta il fatto che nel nostro caso lo Stato potrebbe, che ne so, dare suggerimenti o tendenze da perseguire, ma certamente non può assolutamente dirci come e dove intervenire. Questo andremo a dire e nulla di più, nessun mandato di trattativa o di accordo, niente spiegazioni o giustificazioni». E sulla norma di riduzione dei posti letto è già pronto il ricorso alla Corte costituzionale. Manca solo la firma.

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