Sacchetti a pagamento, trentini dubbiosi 

Nei reparti ortofrutta la gente si divide. «Bene, serve all’ambiente». «Ma è assurdo che non si possano riciclare da casa»


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Sacchetti per la frutta e verdura a pagamento. La novità nei supermercati è di fatto scattata ieri, primo giorno di riapertura dei negozi dopo Capodanno. E i trentini reagiscono divisi. Dal 1° gennaio le buste di nylon devono sparire dagli scaffali, a favore dei “bioshopper” biodegradabili. Non sarà possibile usare le buste portate da casa e ogni alimento dovrà essere inserito in un sacchetto nuovo. Si teme che il riutilizzo delle buste biodegradabili insieme ad alimenti deperibili possa comportare rischi igienici.

Abbiamo fatto un piccolo sondaggio in alcuni punti vendita di Trento (Coop Superstore, Poli Regina di via Fermi e Conad Margherita di via Gandhi) per raccogliere i commenti dei clienti.

I favorevoli. Non tutti sopportano a suon di mugugni, anzi, alcuni clienti promuovono l’iniziativa. Un cliente dice: «Sono contento che si inizi a prendere sul serio la salvaguardia dell'ambiente. Sul fatto che saremo noi a dover pagare questi sacchetti, preferisco la trasparenza, piuttosto che ci siano rincari nascosti qui e là. Io sono nato in un posto di mare e credo nell'importanza di avere un mare libero dalle plastiche: da lì arriva il nutrimento per tutto l'ecosistema».

Manuela Bassi, docente all'università, guarda più in là del rincaro: «Se è fatto per tutelare l'ambiente va bene, è una buona iniziativa. In fondo sono pochi centesimi in più per il benessere di tutti. Riutilizzerò i sacchetti per la raccolta dell'umido in casa».

Tatiana Piavełs ha un atteggiamento pragmatico: «Sono abituata al fatto che ogni volta che si entra al supermercato fanno pagare qualcosa in più. Sono per il rispetto della natura e mi dispiace quando le persone hanno comportamenti poco civili. In questa iniziativa non vedo niente di male».

I contrari. Tra i contrari ai bioshopper c’è il sospetto che siano solo un espediente per “fare cassa”. Anna contesta l’obbligatorietà della misura: «Ho sempre avuto grande attenzione per i temi ambientali e sono contraria alla plastica: faccio tutto quello che posso per farne a meno. Dubito però che i rincari serviranno davvero alla tutela dell'ambiente, in quanto ho appena visto che prezzando i frutti sfusi il prezzo della busta è comunque applicato dalla bilancia».

Giovanna prevede di cambiare le sue abitudini: «Ho sempre con me la borsa di tela, ci tengo all'ambiente e cerco di trasmettere questa sensibilità ai miei nipoti. Tuttavia, questi centesimi moltiplicati per centinaia di volte possono pesare sul bilancio di una famiglia in difficoltà. Diverso sarebbe se i sacchetti si potessero riutilizzare. D’ora in poi andrò al mercato dei contadini, dove danno il sacchetto di carta».

I dubbiosi. C’è anche chi non fa pendere la bilancia (è proprio il caso di dirlo) troppo decisamente da un lato o dall’altro, considerandone i pro e i contro. Fabio Canin è perplesso: «È una scocciatura, tuttavia è un bene che si pensi anche all'ambiente. Ma punterei di più sulla buona educazione contro gli sprechi».

Eliana Scarponi voleva più informazione: «Non ero a conoscenza di questa novità. Cercheremo tutti di ottimizzare l'uso dei sacchetti usandone meno. Sono convinta che le borse biodegradabili portino dei benefici all’ambiente, ma in questo momento sono irritata per il modo sibillino con cui le hanno introdotte».

Anche Chiara e Mattia, una coppia di amici, vorrebbero che i bioshopper fossero riutilizzabili: «Pagare di più non fa mai piacere, anche se di fronte alla tutela dell'ambiente non c'è molto da obiettare. Ma i precedenti non sono favorevoli, se pensiamo alla raccolta differenziata: tanto lavoro in più per gli utenti e rincari sulle tariffe. Diverso sarebbe se queste borse fossero riutilizzabili».

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