credito

Rurali, rischio sciopero per tremila

La protesta riguarda il taglio in busta paga ma anche - denunciano i sindacati - «la sottomissione ai diktat di Roma»


di Paolo Piffer


TRENTO. I dipendenti del Credito cooperativo (Casse rurali, Federazione, Gruppo Cassa Centrale, Phoenix, Ibt) potrebbero iniziare il nuovo anno scioperando. La decisione verrà presa domani dai sindacati che si ritroveranno a seguito della comunicazione da parte del presidente della Cooperazione Diego Schelfi di disdire unilateralmente i contratti integrativi (peraltro già scaduti da un anno mentre anche quello nazionale è stato prorogato più volte) a partire dal 31 gennaio. Lo sciopero interesserebbe 2970 dei 3147 dipendenti del sistema (dalla vertenza è infatti escluso il settore assicurativo le cui regole contrattuali sono diverse) che per il 90% sono iscritti ai sindacati. Del Credito cooperativo trentino, che rappresenta il 59% della quota di mercato, fanno parte 43 Casse rurali con i loro 379 sportelli sparsi sul territorio.

La preoccupazione dei sindacati non riguarda solo, o perlomeno non esclusivamente, la decurtazione in busta paga, intorno al 4-5%. C’è un dato politico che è in cima all’agenda. Secondo Domenico Mazzucchi, segretario provinciale della Fabi (Federazione autonomia bancari italiani) «la linea che si vuol far passare è che le decisioni vengono ormai prese a Roma senza tener conto delle specificità dei territori, come ad esempio quello trentino. Infatti, la disdetta unilaterale dei contratti integrativi arriva direttamente dalla capitale, da Federcasse nazionale (l’associazione nazionale delle Banche di credito cooperativo e Casse rurali, ndr) di cui Schelfi è vicepresidente. Detto e non detto, anche questo si può configurare come un attacco alla nostra Autonomia che nel campo del credito cooperativo si è sempre contraddistinta, nonostante le difficoltà causate dalla crisi, per lo stretto rapporto tra dipendenti, clienti e soci. Siamo arrabbiati e sconcertati per questa adesione di Trento ai diktat romani. Certo, il sistema è da riformare, ma non partendo dai lavoratori».

Romano Vicentini della Fisac Cgil ha sottolineato che «si tratta di un passaggio epocale perché il sistema creditizio trentino abdica alla centralità della persona e, come qualsiasi altra banca, mette al primo posto il bilancio snaturando così la logica cooperativistica. Sono 15 anni che sentiamo parlare di riforma, fusioni e holding ma finora nulla s’è fatto per salvaguardare equilibri di potere duri da scardinare». «È un colpo di spugna con il quale si cancellano anni di storia. Ormai non si potrà più dire, come da slogan, “La mia banca è differente”», commenta Mariano Perotti della Fiba Cisl. Che aggiunge: «Non ci arrendiamo. Abbiamo un mese per ricostruire un rapporto e non abbandoniamo la speranza di avere un incontro con Federcasse entro la prima metà di gennaio». «Il metodo della disdetta dei contratti è la moda del momento – ha commentato Salvatore Farace della Uilca Uil –. Auguriamoci che non si voglia continuare su questa strada».













Scuola & Ricerca

In primo piano