Rossi scrittore: la mia ricetta per l’Italia

l governatore ha raccolto in un libro i suoi interventi su «Mentepolitica»: i territori come risposta alla crisi del Paese


di Chiara Bert


TRENTO. La crisi italiana, la spinta alla centralizzazzione e il ruolo dei territori come risorsa per una ripresa solida. Le diverse concezioni dell’autonomia speciale, dal Trentino alla Sicilia. Ma anche il corporativismo che blocca il cambiamento e la centralità della scuola nella mobilità sociale. Il «Rossi pensiero» sull’Italia e sull’autogoverno condensato in un libro: «Territori. L’autogoverno locale che fa bene al Paese» (Maggioli editore), che il presidente della Provincia presenterà venerdì al Centro congressi Interbrennero (ore 20.30) dialogando con Paolo Pagliaro, giornalista e co-autore della trasmissione «Otto e mezzo» su La7 condotta da Lilli Gruber.

«Non ho la presunzione di fare il saggista», si schermisce il governatore, «la mia è una riflessione a voce alta su com’è cambiata la politica in Italia, ma anche su come sono cambiati i territori, la rappresentanza, il marketing». Diversamente da quello che ci si aspetterebbe da un libro scritto da un presidente di Provincia, si parla poco di Trentino. L’analisi vola più alta, anche una risposta indiretta - forse - a chi in questi anni lo ha accusato di pensare all’amministrazione e poco alla politica, mentre la sua coalizione va in fibrillazione ad ogni curva.

Il volume raccoglie oltre un anno di interventi pubblicati sulla testata on line «Mentepolitica» diretta dal politologo Paolo Pombeni. Il libro uscirà venerdì. Nessun abstract di anticipazione, e Rossi vuole mantenere l’effetto-sorpresa. Ma gli scritti su «mentepolitica» raccontano la visione del governatore.

La crisi italiana. «L’Italia - scrive Rossi - si è arroccata in una stasi pericolosa, incapace di mettersi in discussione e di affrontare le sfide politiche, sociali ed economiche del nuovo millennio». «Emerge una tendenza alla resistenza verso il nuovo, alla difesa, talvolta ostentata, di rendite di posizione, di privilegi finanziari, burocratici, politici, di categoria, che combattono ogni spinta al cambiamento».

Centralismo versus territori. A questo quadro precario si aggiunge «la volontà di ricentralizzare la spesa pubblica, indotta dalla crisi fiscale dello Stato e da alcune gravi esperienze di malgoverno delle Regioni». Per Rossi «cavalcare l’onda di un improbabile neocentralismo potrebbe sembrare oggi una via più facile», invece «abbiamo bisogno di un diverso rapporto tra centro e periferia, il primo tenda a portare a sintesi le molte diversità regionali, le seconde si rendano disponibili a un grande investimento sia in termini di responsabilità che di rigore e efficienza». «La reattività del Paese nasce dal basso e non dall’alto», dai territori «intesi come risorsa preziosa e imprescindibile per attuare il cambiamento di rotta indispensabile a garantire una ripresa solida».

Corporativismo versus cambiamento. «Le organizzazioni di rappresentanza hanno progressivamente trasformato l’orgoglio di categoria in arroccamento. È uno dei nodi più critici tra i molti che bloccano l’Italia. Ogni categoria tende a difendere le proprie prerogative, cerca di alzare steccati per ottenere di più dalla situazione di maggiore o minore monopolio in cui si trova».

Lavoro e mercato. «Il mercato ideale è quello che connette al meglio domanda e offerta, con un ruolo decrescente sia dei soggetti pubblici, sia della magistratura. Inoltre bisognerebbe sbloccare ogni impedimento all’accesso alle professioni».

Autonomie speciali, siamo diversi. «Considerare le autonomie speciali come un mondo unico è quanto di più sbagliato». Lo sguardo va a Trentino Alto Adige e Sicilia. «In un caso l’autonomia si è venuta configurando come lo strumento istituzionale attraverso cui auto-governare il proprio sviluppo in modo responsabile e sostenendone direttamente i costi. Nell’altro si è finito per prescindere sia dalle funzioni realmente esercitate, che dall’esigenza di incidere significativamente sulle efficienze territoriali, e quindi sulle capacità di sviluppo dell’isola».

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