Rossi: «La storia non deve dividerci»

Il presidente getta acqua sul fuoco: «Accanto alla bandiera europea, quelle di Italia, Austria ed Euregio»


di Luca Marognoli


TRENTO. La guerra insegna a vivere in pace, a unirsi invece che a dividersi. Il presidente della giunta provinciale Ugo Rossi getta acqua sul fuoco della polemica scatenata dalle parole di Lorenzo Baratter, capogruppo Patt in consiglio provinciale, che dopo avere definito Cesare Battisti «un disertore» aveva proposto di non esporre la bandiera italiana alle commemorazioni della Grande Guerra, ma il vessillo europeo. «Il tema qui è che tutti quanti dobbiamo evitare di usare la storia per far valere reciproche ragioni», afferma il governatore. «La storia è di tutti, è plurale, e il Trentino è figlio di questa duplicità, essendo di cultura italiana ma anche mitteleuropea. Ciò non significa che dobbiamo usare una bandiera una volta e una l'altra: la mozione in sè è stata corretta al momento della pubblicazione. Con un emendamento è stato inserito il passaggio che dice: usate tutte le bandiere, non solo quelle nazionali. Le bandiere europea, italiana, austriaca e dell'Euregio. Il senso è di evitare di tornare nei nazionalismi».

Rossi cerca di smussare gli angoli di un dibattito che, a un secolo di distanza, ripropone dei distinguo politici inattesi. «Io non devo difendere Baratter o chi si è scagliato contro di lui», continua il presidente. «Faccio un richiamo ad evitare di usare la storia per dividerci quando ci insegna, anche attraverso i lutti, a stare uniti. Oggi (ieri, ndr) a Punta Linke c'erano un colonnello dei Kaiserjäger assieme a un alpino: abbiamo bevuto e scherzato assieme, come da anni succede a Passo Presena».

Sulla vicenda interviene anche l’assessore Alessandro Olivi, che sottolinea come identità culturali diverse possono convivere «non solo nello stesso territorio, ma anche nello stesso popolo e, soprattutto, in ciascuno di noi. Si può essere trentini, italiani ed europei nello stesso tempo e senza cadere in contraddizione. Anzi è proprio pensando che una di queste identità vada rimossa che si compie un errore ideologico. E per giunta simile a quello che già toccò ai più vivaci intellettuali e alla propaganda nazionalista di cent'anni fa. Alle soglie della prima guerra mondiale si pensò, in certe sfere culturali e politiche, che ciascuna identità si potesse affermare solo a discapito di un'altra». Ma sono stati poi «i più grandi intellettuali europei, inclusi anche i più patriottici, a capire che invece tutte le identità si costruiscono e si integrano vicendevolmente. Fanno da garanti l'una all'altra con diversi livelli, anime, ma con un solo progetto. L'Italia è ora anche tutela di autonomia per i trentini che con Battisti e con mille altri modi e persone hanno contribuito all'integrità dell'Italia e all'Europa e alla loro grandezza di queste istituzioni». Per Olivi «quello di rimuovere l'Italia dalle celebrazioni è un falso ideologico dunque. Un modo di continuare il conflitto perpetuando l'attribuzione di responsabilità e di colpe. Aggiungo inoltre che se c'è una bandiera che ha pieno asilo in questa nostra celebrazione è proprio quella italiana. Come insegnano grandi capolavori del cinema come La Grande Guerra di Monicelli, l'Italia si conobbe e si scoprì Italia proprio nelle trincee. E fu una conoscenza di solidarietà, di unità e di rispetto reciproco per le tante identità che arricchiscono l'Italia. Si scoprì la condizione delle classi povere italiane e si sognò per loro un futuro migliore. Si intravide, per smarrirla nel Fascismo e ritrovarla nella Resistenza, l'assurdità della guerra e delle gerarchie sorde, e l'importanza invece dell'unità e della solidarietà. Per questo e altro che non si può spiegare tutto qui bisogna andare con tre bandiere in mano, anche se si hanno solo due mani ciascuno, e completare l'opera vera di quei soldati, quella che abbiamo capito troppo tardi forse, ma che abbiamo capito: portarne tre e prendere anche la quarta dell'Austria e la quinta e la sesta bandiera. E quante saranno sodali con l'Europa».

Non fa il “pompiere” invece il socialista Nicola Zoller, che è molto duro nei confronti di Baratter: «Dopo le parole pesantissime del capogruppo Patt contro Cesere Battisti - afferma - l'alleanza del centrosinistra col Patt è culturalmente caduca».

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