Raccolta rifiuti umidi, bocciato il Trentino

Non ci sono impianti e costa 4 milioni smaltire in Veneto 45 mila tonnellate


Chiara Bert


TRENTO. È vero che la gestione dell'organico segue i risultati della differenziata? È la tesi di Altroconsumo, che pubblica un'inchiesta sul compostaggio: Veneto e Lombardia la fanno da padrone, trattando ciascuna oltre il 20% dell'organico prodotto in Italia. Trentino tra i fanalini di coda: tutto l'umido, 45 mila tonnellate all'anno, finisce negli impianti veneti. Per una spesa di oltre 4 milioni di euro. Nel numero di novembre, la rivista pubblica un'indagine sulla raccolta differenziata, in particolare sui rifiuti umidi destinati al compost. E spiega perché il recupero dell'organico va incoraggiato, a partire dal compostaggio domestico. «La raccolta dell'umido è in crescita - scrive il giornale - e va di pari passo con lo sviluppo della raccolta differenziata». Più i cittadini sono coinvolti in questo meccanismo virtuoso di recupero delle risorse, più sale la percentuale di raccolta dell'organico, oggi vicina ai 3 milioni di tonnellate. Ma il compost, osserva Altroconsumo, è anche economico perché permette di ridurre l'uso di fertilizzanti chimici in agricoltura. Una tesi che se vale per molte regioni, non funziona per il Trentino. In Trentino la differenziata veleggia sul 59%, nel capoluogo - dove il porta a porta è esteso a tutta la città - sfiora il 61%. La nostra provincia figura ai vertici nazionali, ma sull'organico - che rappresenta oltre un terzo della differenziata (57 mila tonnellate su 160 mila, dati 2008) - siamo a zero. Un nervo scoperto del sistema trentino di trattamento dei rifiuti. Chiuso l'impianto di Levico, ancora bloccati dalle proteste Cadino e Lasino, chiusa anche la Pasina a Rovereto. La provincia è rimasta senza impianti di compostaggio. E l'umido prende la strada del vicino Veneto. Solo da Trento partono ogni anno circa 12 mila tonnellate di umido, dirette negli impianti veronesi di Isola della Scala e Villa Bartolomea. Il costo di smaltimento è di 98 euro a tonnellata, più di un milione di euro all'anno. Calcolando che i costi di trasporto sono di circa 14 euro, si tratta del 20% in più di spesa rispetto a quella che si avrebbe con impianti locali. Se si moltiplica la tariffa di smaltimento per l'intera produzione di organico da trattare, circa 45 mila tonnellate all'anno secondo le ultime cifre fornite dall'assessore provinciale Alberto Pacher, si arriva a una spesa di circa 4 milioni e mezzo all'anno. Eppure la raccolta differenziata dell'organico non è partita tardi: a Trento si fa dal 2001, mense ristoranti e ortofrutta addirittura dalla fine degli anni'90. Il problema - esploso con la recente chiusura della Pasina per il problema degli odori - resta quello della localizzazione degli impianti. Decisamente è più facile in pianura Padana, dove gli spazi sono enormi e le case più vicine stanno a qualche chilometro di distanza dai biodigestori. Ma è anche una questione culturale, se è vero che in Alto Adige - con un territorio molto più simile al Trentino - gli impianti sono stati costruiti, di piccole dimensioni. Oltre confine la puzza spaventa di meno, o comunque non ha affossato il sistema. Un terreno su cui il Trentino deve recuperare il tempo perduto. «Per essere autosufficienti ci servono quattro impianti - ha ribadito nelle scorse settimane Pacher - tutti vogliono la differenziata, ma nessuno vuole smaltire i rifiuti sotto casa. Ora dobbiamo accelerare». La responsabilità di chiudere il ciclo dei rifiuti non riguarda solo l'inceneritore.

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