«Quando Benedetti sfidò con noi la Dc di Piccoli»

Enrico Bolognani e il congresso regionale del 1970: «Accettò con coraggio di essere il nostro capolista»


Paolo Morando


TRENTO. Uomo delle istituzioni, dell’economia e dello sport. Per un decennio sindaco di Trento, poi a capo di Btb, Finanziaria Trentina e Itas, infine “patron” della Trentino Volley. Ma anche politico di provata indipendenza, in anni in cui far parte di un partito “pesante” come la Dc trentina non lasciava grandi margini di autonomia. Nel ricordo di Enrico Bolognani, anche questo è stato Edo Benedetti, scomparso l’altro ieri a 90 anni. E l’ex difensore civico, che di anni ne ha 86, già consigliere regionale della Dc (oltre che “asarino” della prima ora), dal cilindro della memoria estrae un episodio poco noto. Ma che la dice lunga sul carattere di Benedetti, spirito libero a cui forse, a volte, le “briglie” dello Scudocrociato sono apparse un po’ strette.

Bolognani, in che anno siamo?

Nel 1970. l’occasione fu un congresso regionale della Dc qui a Trento. Mi sembra che lo tenemmo proprio all’hotel Trento.

Come erano i suoi rapporti con Benedetti fino a quel momento?

Ottimi. Avevamo spesso avuto modo di collaborare, fin dagli anni ’50, quando io ero funzionario provinciale della formazione professionale e lui invece in Regione, dirigente dell’assessorato all’industria. Io seguivo con attenzione gli sbocchi occupazionali della formazione professionale e Benedetti, per il ruolo che ricopriva, era un mio interlocutore naturale. Tra l’altro lui era di origini roveretane e proprio là stava nascendo un importante polo produttivo. Devo dire che lo stimavo, per come interpretava la propria funzione pubblica.

Che cosa avvenne al congresso regionale della Dc del 1970?

Avvenne che, in pratica, abbiamo messo in piedi assieme una lista di opposizione al “truppone” di maggioranza. E con un successo imprevisto.

Vale a dire?

Io all’interno del partito ero in una posizione marginale. La Dc allora era il partito di Flaminio Piccoli. Anche Kessler, che pure era presidente della Provincia, a livello di organi regionali aveva un peso relativo. Piccoli, Postal, Pancheri, Dalvit, Berloffa... Era il partito che aveva in incubazione i vari Holler e Malossini.

Una lista di opposizione a Piccoli: chi ne faceva parte?

Presentammo cinque candidature. Assieme a me c’era Paolo Berlanda, da sempre su posizioni dossettiane che poco avevano a che fare con i “piccoliani”, poi Armando Paris e Spartaco Marziani.

E Benedetti.

Esattamente. Ma ricordo che all’inizio, quando decidemmo di muoverci, nessuno voleva partecipare. E fu proprio Edo Benedetti a dimostrare particolare coraggio, schierandosi con noi, come capolista Non dimentichiamo che all’epoca era sindaco di Trento, non era un iscritto o un militante qualsiasi. Invece si presentò nella nostra lista. Questo per dire del suo spirito d’indipendenza: non aveva paura di mettersi contro la maggioranza. Che allora era decisamente robusta.

Come andò a finire quel congresso?

In modo sorprendente. La nostra lista era composta da cinque candidati: non speravamo di eleggerne di più. Invece ottenemmo 9 seggi: senz’altro grazie alla presenza di Benedetti.

E quei quattro seggi in più a chi andarono?

Avevamo finito i candidati: furono attribuiti alla maggioranza.

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