Punti nascita, pressing per ridurre gli standard

Rossi: «Doveroso un approfondimento sui 500 parti all’anno». E prepara un vertice con Kompatscher. Gilmozzi (Upt): «Azione con Alto Adige e Belluno»


di Chiara Bert


TRENTO. Si possono tenere aperti punti nascita con meno di 500 parti all’anno? Per il governo no, il ministro della salute Beatrice Lorenzin lo ha ribadito a più riprese, l’ultima volta a fine ottobre in un colloquio con l’assessora provinciale Donata Borgonovo Re. Il governo considera vincolante l’accordo del 2010 con le Regioni: 1000 parti all’anno lo standard di sicurezza, 500 per le aree di montagna come il Trentino.

Ma secondo il governatore Ugo Rossi esistono ancora spazi di manovra: «Io e il presidente Kompatscher ci siamo accordati per fare un approfondimento comune. Abbiamo in programma un incontro con le assessore alla salute Borgonovo Re e Martha Stocker. Gli standard hanno un fondamento scientifico molto forte, ma abbiamo il dovere di verificare se ci sono vie intermedie. Vediamo se si può andare alla Conferenza Stato-Regioni proponendo criteri di maggiore flessibilità».

Il pressing sul ministero è l’obiettivo dell’Upt, strenuamente contrario al piano dell’assessora Borgonovo Re che prevede la chiusura dei punti nascita di valle sotto gli standard. Dopo lo scontro di qualche giorno fa in aula sul primario di ostetricia a Cavalese, il partito rilancia la propria offensiva. L’assessore Mauro Gilmozzi è tra i promotori di un’iniziativa comune tra Trentino, Alto Adige e Bellunese in programma il 9 febbraio a Trento: un incontro tra sindaci e direttori sanitari dei piccoli ospedali alpini per uno scambio di informazioni. «Chi vive in montagna lo fa anche a beneficio degli altri, ma per mantenere la gente in montagna servono servizi e professionalità», insiste Gilmozzi. «Chiaro che si è più sicuri dove ci sono la rianimazione e la neonatologia, ma il modello trentino ha garantito un tasso di mortalità che è tra i migliori d’Europa, perché cambiarlo?». L’assessore avverte: «Non si tratta di un capriccio elettorale, l’accessibilità è un’esigenza vera di cui la nostra sanità deve farsi carico. La sicurezza per una donna in gravidanza non è un ospedale a 100 chilometri da casa. Ecco perché dobbiamo premere sul ministero e riaprire una trattativa nella Conferenza Stato-Regioni». All’incontro del 9 febbraio parteciperanno, oltre a Gilmozzi, Enrico Borghi (deputato del Pd, presidente dell’Unione Comuni Comunità enti montani), Luca Della Bitta (ex Pdl, presidente della Provincia di Sondrio) e Albrecht Plangger (deputato Svp).

Intanto Donata Borgonovo Re tiene il punto: «Il presidente Rossi mi ha informato della volontà di organizzare un incontro a quattro, i due governatori e le due assessore alla sanità. Quello sarà il luogo in cui ci confronteremo e capiremo quali saranno le intenzioni di tutti». In Alto Adige per altro Kompatscher ha ribadito nei giorni scorsi che sui punti nascita Bolzano non intende fissare standard inferiori a quelli europei o italiani. Borgonovo Re sottoscrive: «Mi sono costantemente confrontata con la collega Stocker e il percorso di chi ha la delega alla salute è molto chiaro e molto nitido». Considera un’invasione di campo quella di Gilmozzi? «Assolutamente no, per carità. Tutti si improvvisano competenti in materia di sanità senza magari aver frequentato con attenzione i temi, ma va bene. Questi sono temi trasversali che riguardano tutti. L’ultima parola naturalmente spetta a chi ha la responsabilità di dirla».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano