Preso il rapinatore delle Poste

Tradito da uno stop non rispettato. Avrebbe confessato: i soldi sarebbero serviti per pagare i debiti



TRENTO. Tradito dal segnale di stop non rispettato, ma, soprattutto, incastrato dal lavoro certosino dei carabinieri che hanno impiegato solo 15 ore per individuare l’uomo accusato della rapina all’ufficio postale di Tione di venerdì mattina. Alle 8.30 il colpo e alle 23 gli investigatori dell’Arma erano nella casa di un cinquantenne di Roncone che, anche se inizialmente avrebbe negato ogni coinvolgimento nel colpo, alla fine avrebbe confessato. Una rapina messa a segno per saldare i debiti, avrebbe detto ai carabinieri che ha poi condotto vicino al cimitero del paese facendo ritrovare la pistola, una scacciacani, usata per minacciare l’impiegato.

A raccontare le indagini, il comandante della compagnia di Riva, il capitano Francesco Garzia, che ha sottolineato il lavoro del maresciallo Girardi, comandante della stazione di Tione. Sì perché gli elementi iniziali sui quali lavorare erano pochi e non sembravano neppure importanti. Si partiva da una sensazione dell’impiegato rapinato. Aveva detto di non essere in grado di riconoscere il malvivente, ma aveva la sensazione, appunto, di averlo già visto. E poi c’è stata la segnalazione di un automobilista che, poco dopo il colpo, si era visto tagliare la strada da una macchina che aveva saltato lo stop. Una Subaru, ha raccontato, di quelle piccole. È così iniziata la visione delle registrazioni della telecamera esterna delle Poste fino a quando, non è passata davanti agli occhi dei carabinieri, una piccola Subaru, in un momento «interessante». Si trattava di una Justy e dalla targa si è risaliti al proprietario. Che un paio di giorni prima da Roncone era andato a Tione per una ricarica del cellulare da 10 euro. Un altro indizio. Si sono quindi fatte le verifiche e si è scoperto che dei famigliari dell’uomo in questione detenevano, legalmente, delle armi. E questo è bastato per far scattare una perquisizione. L’uomo - artigiano incensurato - ha chiesto di poter essere assistito dal suo avvocato e se inizialmente avrebbe negato qualsiasi coinvolgimento nella rapina, alla fine avrebbe confessato. Non solo. Ha fatto ritrovare la pistola - la scacciacani - nascosta in un muretto a secco e anche i vestiti usati per la rapina tranne gli occhiali (li avrebbe buttati via) e berretto e bandana che sarebbero invece stati bruciati. Il colpo all’ufficio postale lo avrebbe messo a segno perché disoccupato da un certo periodo e indebitato. Tanto che - avrebbe raccontato - i 1.100 euro del bottino sarebbero stati versati subito per pagare alcune bollette legate alla casa che erano già scadute. Su questo aspetto saranno comunque fatti ulteriori accertamenti. Per l’uomo è quindi scattato il fermo e martedì sarà ascoltato dal giudice per l’udienza di convalida.

I carabinieri hanno sottolineato la freddezza con la quale era stata messa a segno la rapina. La pistola era stata vista solo dall’impiegato minacciato perché l’uomo l’aveva appoggiata sul tavolo e quindi alle altre persone nell’ufficio presenti sembrava si trattasse i una normale transazione postale e non certamente di una rapina. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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