«Poveri e migranti, basta considerarli invisibili» 

Fronza Crepaz: «La giornata dei poveri deve essere un’occasione per “vedere”» Passerini: «Sul tema migranti l’invisibilità è un alibi per non risolvere i problemi» 



TRENTO. Migranti, ma anche poveri, che nessuno vede finché la cronaca li porta (ma solo per un attimo) sotto la luce dei riflettori. È quella che ieri il direttore del Trentino, Alberto Faustini, ha chiamato nel suo editoriale la “città invisibile”. Sulla necessità di “vedere gli invisibili” arrivano ora due appelli. Il primo è quello di Lucia Fronza Crepaz, del movimento dei focolari, dedicato ai poveri proprio mentre la Chiesa - su invito di Papa Francesco - si prepara, il 19 novembre, a celebrare la giornata dei poveri: «Il Papa vorrebbe che questa giornata diventasse una tradizione per la comunità cattolica e per le associazioni e i movimenti che si occupano di volontariato» ha detto Fronza. «Per questo abbiamo studiato un metodo che ci consenta di “vedere” questi invisibili, intercettandoli dove vengono a contatto con la rete che il mondo del volontariato ha tessuto cercando di aiutarli».

Il risultato è una mappa dell’assistenza sul territorio provinciale: «Il nostro obiettivo è quello di venire a contatto con le persone in situazioni di difficoltà. Molti di noi già lo fanno abitualmente, prestando la loro attività nelle associazioni di volontariato, ma per altri può essere la scoperta di persone che non è giusto rimangano invisibili, come se il problema non ci fosse».

I dati della Caritas, contenuti nell’ultimo rapporto, parlano chiaro: oltre 21 mila richieste d’aiuto giunte ai centri di ascolto della Caritas sul territorio provinciale. La maggior parte relativa a necessità alimentari (oltre 9 mila), altre 4 mila per necessità di ascolto e accompagnamento a cui devono essere aggiunte altre 4 mila richieste di aiuto per problemi economici e per necessità di beni materiali (mobili, vestiti, eccetera). E poi altre necessità ancora.

Un altro fronte della “città invisibile” è quello dei migranti che non entrano nella rete dei servizi di accoglienza e di cui ci accorgiamo quando diventano protagonisti - loro malgrado - di notizie di cronaca come è accaduto anche di recente nel caso di stranieri investiti dai treni lungo la linea del Brennero, che utilizzano come via di comunicazione (a piedi) verso il nord Europa.

Su questo tema è intervenuto ieri Vincenzo Passerini, presidente delle comunità di accoglienza del Trentino Alto Adige: «Non è che queste persone siano davvero invisibili, il problema è che non vogliamo vederle perché nel momento in cui le vediamo c’è un problema che dobbiamo risolvere». Sono invisibili - secondo Passerini - tutti i profughi che non rientrano nei programmi di accoglienza, compresi quelli che arrivano da altri paesi europei: «È il caso della famiglia del giovane Adan, morto a Bolzano, che ora ha trovato accoglienza a Trento. Oppure del gruppo di afghani che è rimasto a Bolzano per mesi. Ma sono invisibili anche i profughi regolari, che sono in possesso di un permesso di soggiorno ma non hanno i mezzi per vivere nel nostro sistema: parliamo di persone che, uscite dal periodo di accoglienza previsto dalle norme, non hanno una casa e quindi nemmeno un indirizzo. Senza un indirizzo non è possibile trovare un lavoro. Ecco le situazioni invisibili, ma solo per chi non vuole vederle».

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