rovereto

Porto d’armi, richieste raddoppiate

Sono oltre 300 i roveretani che vogliono tenere un’arma «per uso sportivo». Tra le cause del boom anche la nuova legge


di Giuliano Lott


ROVERETO. Le ragioni sono tante, dall’aumentata sensazione di insicurezza fino alle modifiche delle leggi che disciplinano il settore. Ma il dato di fatto è che le richieste di porto d’armi sono aumentate, anzi raddoppiate, rispetto allo scorso anno: circa 300 contro le abituali 140-150.

Si tratta soprattutto di richieste di porto d’armi per “tiro a volo”, cioè a uso sportivo, ma la formula non deve trarre in inganno. È infatti cambiato il quadro normativo, che rende più difficoltoso l’iter per la richiesta di porto d’armi per difesa personale - tant’è che a livello nazionale si è dimezzato il numero dei permessi, da 45 mila a 20 mila, nell’arco di un anno - e molti hanno trovato più pratico seguire la strada del porto d’armi per uso sportivo, che consente ai titolari non solo la detenzione di armi ma anche il trasporto di qualsiasi arma (anche pistole o fucili a canna rigata) dal domicilio al poligono di tiro.

«L’incremento è stato consistente - spiega Marco Leonardi, presidente del Tiro a segno nazionale e istruttore di lungo corso - e risente certo della percezione di sicurezza in calo, data anche la nostra vicinanza al Veneto, ma va anche detto che con l’entrata in vigore della nuova legge, quest’anno, chiunque detenga in casa un’arma da fuoco, anche senza porto d’armi ogni sei anni deve ripresentare la certificazione di idoneità psicofisica all’uso delle armi unito al certificato di abilitazione all’uso delle armi, che si consegue dopo un apposito corso qui in poligono. In più, mentre fino a qualche anno fa chi aveva fatto il servizio militare manteneva a vita il certificato per il maneggio di armi da fuoco, oggi dopo 10 anni dalla fine della naja non vale più. Ci sono anche molte persone che hanno un’arma in casa perché ereditata, o un porto d’armi scaduto. La casistica è insomma ampia e questi valori vanno interpretati».

Ma l’aumento delle richieste c’è stato. Non è un elemento di preoccupazione? «Per quanto possa sembrare assurdo, nell’epoca dell’informatizzazione non siamo in grado di sapere quante sono le armi che circolano in Italia. L’ultimo dato Eurispes è del 2008 e parla di oltre 10 milioni di armi da fuoco. Ma secondo le statistiche internazionali nel 2012 avevamo in Italia 11,9 armi ogni 100 abitanti, cioè circa 7 mila armi, mentre dai dati precedenti sarebbero almeno 16,7.

Il dato non tiene conto delle circa 500 mila persone abilitate a portare l’arma per lavoro, dall’esercito ai carabinieri. Rimane però da osservare che gli incidenti sono sempre stati pochi, e in tre quarti degli eventi delittuosi l’arma era illegale. Pare dunque che chi ha un’arma denunciata in modo regolare non ne abusi».

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