Pietro, psicologo dei videogame

Nuovi lavori: Guardini studia i giochi (testati da volontari) e suggerisce le modifiche ai programmatori


di Matteo Cassol


RIVA. Ha un dottorato in ambito psicologico e opera nel campo dei videogiochi: contrariamente a quello che si potrebbe pensare però, Pietro Guardini (rivano di 36 anni) non si occupa - se non indirettamente - di risolvere i problemi degli utenti, ma "cura" gli stessi videogame, suggerendo migliorie dopo averli sottoposti a dei volontari. Nulla a che vedere, dunque, con fenomeni di ludopatia (che in realtà di ludico o interattivo non ha niente) o da dipendenza da console (ovviamente con la pronuncia all'inglese, non nel senso di "diplomatico").

Pietro, infatti, dopo aver studiato all'università di Padova (ed essersi appassionato alla materia anche grazie alla frequentazione del laboratorio di realtà virtuale patavino) dal 2008 lavora come "games user researcher" (professione per la quale in italiano deve essere ancora coniato un termine, ma che si potrebbe tradurre in "ricercatore degli utenti di videogiochi") alla Milestone di Milano, la maggiore azienda del settore in Italia, che di recente ha firmato titoli come Wrc Powerslide, MotoGp 13 e Wrc Fia World Rally Championship 4 e che da circa vent'anni si occupa in particolare di simulatori di guida e gara, di solito prodotti su licenza dei campionati mondiali.

«Vado a testare i videogiochi con giocatori reali - spiega Guardini - prima che escano sul mercato e quindi confronto quello che i designer si aspettano che i giocatori facciano con quello che gli utenti effettivamente poi fanno. Prima che il gioco sia pubblicato, verifico insomma che ciò che lo sviluppatore aveva in mente venga colto e apprezzato da chi gioca, attraverso il test diretto con gli utenti stessi, dopo averli selezionati tra quelli che si iscrivono al programma di playtesting dal sito di Milestone. La gente viene, prova il gioco e io raccolgo dati sull'esperienza, sia soggettivi (attraverso questionari) che oggettivi (registrando le metriche di gioco, misurazioni di tutto quello che avviene durante la guida per individuare punti critici e altro, oppure utilizzando registrazioni filmate). A quel punto, se scopro che qualcosa nel menù non è chiaro o che tutti si schiantano irrimediabilmente alla prima curva lo comunico ai programmatori, che valutano come intervenire: in questo mondo, infatti, la competizione è tantissima e in molti propongono giochi gratuiti o quasi, quindi per non perdere il cliente bisogna assicurarsi che il giocatore "sopravviva" ai primi cinque minuti e che trascorra la prima ora senza intoppi».

Oltre a questo, Pietro in ditta fa anche, più tradizionalmente, una sorta di analisi di mercato qualitativa sui prodotti, controllando recensioni, commenti sui forum in Internet e così via. Un'applicazione interessante e differente delle competenze psicologiche, insomma. Seguire le orme di Guardini, tuttavia, potrebbe non essere così semplice: «In Italia l'industria del videogioco è molto piccola e gli sviluppatori sono pochissimi. Questo perché probabilmente non si riesce ancora a capire la "maturità" del videogame e si tende erroneamente a collegarlo a slot e altro. In Inghilterra ci sono lauree specifiche per chi fa solo l'audio dei videogiochi e - conclude - anche in Francia sono molto più avanti».

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