Peter, la storia di un cuore grande

L’impegno della Fondazione Fontana per un ragazzo del Kenya e il pregiudizio dell’Aids


Giorgia Salomon


TRENTO. Questa è la storia di Peter che, come tanti altri bambini africani, è nato sieropositivo. Ma è anche la storia di una comunità che è riuscita ad abbattere il pericoloso muro, che a volte pare alto ed invalicabile, del pregiudizio.

Federica Detassis della Fondazione Fontana Onlus di Ravina ha seguito da vicino la faccenda e la racconta: «La comunità del Saint Martin di Nyahururu, in Kenya, è strettamente legata alla nostra Fondazione, e grazie all'impegno dei suoi volontari è riuscita a ridare a Peter quel sorriso e quella voglia di vivere che ogni bambino si merita.

L'esistenza di Peter, infatti, è stata colpita da un tragico lutto: quando era ancora piccolo, sua madre è morta di Aids e a prendersi cura di lui ci ha pensato la vecchia nonna. Il rischio, però, era che restasse isolato dagli altri ragazzi, emarginato a causa della sua malattia.

Ma grazie all’intervento di un vicino, volontario del Saint Martin per il programma legato all'Aids, si è riusciti a coinvolgere l'intera comunità garantendo a Peter e alla nonna di continuare a coltivare il loro legame con il sostegno della gente. Con grande gioia di entrambi, perché l’emarginazione è una piaga difficile da combattere anche in Africa», racconta Federica Detassis.

Un aiuto importante, e che ha trasformato una storia triste in una storia che, con altre peripezie, alla fine ha avuto un lieto fine, e che può essere d’esempio per tutti.

«Alla fine del 2010 la nonna di Peter si è ammalata gravemente e qualche mese più tardi è morta, rendendo il bimbo orfano per la seconda volta», racconta ancora Federica Detassis.

«Tutti i membri della comunità hanno subito capito che era necessario trovare una persona che si potesse prendere cura di lui. Dopo un lungo periodo di ricerca e persuasione, i volontari sono riusciti a convincere una zia di Peter. Poco dopo però la zia ha iniziato a trascurare il ragazzo ed era evidente a tutti che le condizioni di salute di Peter stavano peggiorando di giorno in giorno, in maniera preoccupante. Andava fatto qualcosa per salvargli la vita.

E così i volontari dell’area comunitaria del Saint Martin hanno cercato nuovamente di convincere la zia ad avere cura del ragazzo. Inutilmente, perché lei si era dimostrata era irremovibile.

Il pregiudizio nei confronti di chi è affetto dal virus dell'Hiv era troppo forte. Il Saint Martin allora ha ritenuto opportuno ospitare Peter e avviare nel contempo un'azione legale contro la zia, condannata poi a lavori di pubblica utilità.

E' stata tanta, quindi, la sorpresa quando un giorno la zia si è presentata chiedendo di poter vedere Peter. Lui, come se non fosse mai stato maltrattato e non fosse mai accaduto nulla, le è corso incontro abbracciandola: una scena che chi ha avuto modo di vedere non dimenticherà tanto facilmente.

Un gesto pieno di felicità, accompagnato da un grido verso gli altri bambini che Peter ha fatto uscire dal cuore, in maniera sincera: “Venite tutti qui a salutare mia zia”. Lei, da parte sua, era felice di riunirsi a suo nipote tra le lacrime e le richieste di perdono, perché ha capito di avere sbagliato. Peter, che era stato respinto, ha accolto la zia con gioia.

E così, oggi, sono uniti anche grazie alla comunità e al lavoro dei nostri volontari che hanno saputo stare vicino ad entrambi, senza abbandonarli», conclude Federica Detassis.

(Fondazione Fontana onlus Ravina - Trento, telefono 0461 390092. Sito internet: www.fondazionefontana.org )

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