il commento

Patt, partito di governo (e "petaloso")

Trento, il post su Facebook del presidente Ugo Rossi. E gli scenari che si aprono: per gli autonomisti e non solo...


Paolo Mantovan


Il presidente Ugo Rossi adesso si è arrabbiato. Ha aperto Facebook e ha messo per iscritto con un post tutta la sua impazienza per quella fetta di autonomisti irriducibili, quegli autonomisti che non sanno essere 2.0, che amano troppo le loro tradizioni e che non accettano la trasformazione del Patt in partito di governo. Lo ha detto papale papale: se al congresso del Patt non sarà confermato Franco Panizza, che è l’unico candidato che ribadisce la linea su cui Rossi si è impegnato come presidente della Provincia, ebbene, lui non si sentirà impegnato a concludere il suo lavoro. Stop.

È un grido di rabbia. È l’ultimatum ai tre candidati che si oppongono a Franco Panizza. È la parola fine a ogni possibile confronto interno. Ci sono Ugo Rossi e Franco Panizza e nessun altro, spiega di fatto il presidente. Loro sono «la linea». Ossia la linea che interpreta il senso di coalizione, perché il Patt ora ha una responsabilità in più: la fedeltà al suo ruolo di governo, espressione pure di guida del governo provinciale. Ma è anche la linea su cui una buona parte di autonomisti fatica a sentirsi sintonizzata. Autonomisti che - attraverso i tre candidati che si oppongono a Panizza - reclamano la fedeltà alla tradizione storica, alla forza delle radici, al sentimento territoriale di tutto il Trentino, ai valori dell’Asar, degli usi civici.

È questo ciò che è avvenuto nel corso di questa legislatura e a Panizza questo è stato più volte contestato dentro il partito. Rossi e Panizza hanno insistito sul fatto che il partito deve modernizzarsi e deve rimanere unito per poter avere in mano le leve della coalizione. Ma dentro il partito è proprio sulla “modernizzazione” che non ci si è capiti fino in fondo. A molti la modernizzazione è apparsa come la “perdita” degli scopi sociali: la perdita della visione di un Trentino totalmente autonomista. Che se alle stelle alpine togli questa prerogativa fortemente autonomista è come se le facessi appassire.

E così il mal di pancia (certamente a tratti anche un po’ leghista) si è diffuso e ora, dopo le assemblee congressuali il senatore nonché segretario uscente Panizza si trova con il 45% dei consensi: rischia di non vincere al primo turno il 13 marzo. E allora Rossi va all’attacco. Non col metodo Panizza (che tenta di convincere tutti continuamente, che prova a dialogare e discutere senza sosta) ma col metodo Rossi: o con me o contro di me.

È chiaro che questa impostazione non può che portare a una successiva purga. Quando Panizza avrà vinto (molto probabile che vinca comunque eh, anche se non è da escludere il ballottaggio, dove uscirebbe comunque vincitore ma ridimensionato) tutti quelli che avranno gettato ostacoli sulla strada del governatore e di Panizza dovranno uscire da una casa che non può essere più la loro. Se non se ne andranno con le loro gambe, ovviamente, saranno invitati ad essere marginalizzati. La durezza del post di Ugo Rossi non lascia dubbi.

E così l’operazione del presidente si potrà dire a una fase molto avanzata. Scatterà la partita dell’assessore tecnico-politico Carlo Daldoss (una vita da democristiano, allievo di Tarcisio Grandi) che cercherà di far convergere tutte le anime degli amministratori «post-democristiani» (il lettore ricorderà il grande inno al partito dei sindaci, ospitato due settimane fa su questo giornale, a firma Adelino Amistadi, antico rappresentante della pancia democristiana) e, in una zona che andrà dal Patt fino all’Upt, posti fuori gioco i popolari con lo sguardo a sinistra (Dellai) e - dalla parte opposta - messi in un angolo gli autonomisti della tradizione (Kaswalder & soci), non resterà che un’area di libera circolazione di «governativi puri» (tendenzialmente dorotei). Un’area capeggiata da Ugo Rossi, con delle stelle alpine molto “petalose”, quasi quanto una Margherita, petali a maglia così stretta da richiamare pure alcuni uomini del grisentiano Progetto Trentino e nascondere ciò che c’è sotto: un vecchio (e non modernissimo) scudocrociato.

Post(illa).

È chiaro che dentro il Patt c’è la partita fra l’anima della tradizione e quella di governo. Così come è chiaro che c’è stato, negli ultimi anni, un percorso che ha portato il Patt ad essere un partito di governo solido e affidabile. Riuscire a gestire questi passaggi, però, non è affatto semplice. Richiede fatica e passaggi graduali. Non si possono mettere nel cassetto decenni di storia autonomista (vedi l’esempio della Valdastico, dove il no è stato più risoluto nel popolare Gilmozzi che nell’autonomista Rossi): tutto ha un suo percorso. Altrimenti ci sono le incomprensioni e le reazioni. Che un post su Facebook difficilmente potrà chiudere. È la fatica di governare, bellezza.

p.mantovan@giornaletrentino.it













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