IL CASO A RAVINA

Parroco rinuncia alla predica"Ho agito male con un immigratoNon ho lezioni da dare"

Don Gianni Damolin, sacerdote a Ravina (Trento), si giustifica: "Il giorno prima avevo avuto una discussione con un marocchino e mi sentivo tormentato"


Gianpaolo Tessari


TRENTO. Coerente. Anche dal pulpito. Tanto da lasciare a bocca aperta per lo stupore i fedeli: «Stasera niente omelia. Non mi sono comportato bene con un extracomunitario e quindi non mi pare il caso di mettermi a fare la predica a voi» ha detto il parroco di Ravina, Gianni Damolin, durante la messa di sabato sera. Poi si è seduto a braccia conserte, riflettendo in silenzio, prima di proseguire con la celebrazione. Prete concreto don Gianni, una vita in missione, nel Ciad, poi tre anni a Rovereto. Da ottobre cura le anime di Ravina e Romagnano, parrocchie alla periferia di Trento.

Don Gianni è uomo di poche parole. Originario di Moena, arriva dalla parrocchia Sacra Famiglia di Rovereto dove era parroco dal 2006. Ordinato sacerdote nell’81 era stato cappellano a Cles e Predazzo, parroco a Martignano e decano a Povo.

Poi dieci anni trascorsi nel Ciad: «Sabato sera? Sì è vero, non me la sono sentita di fare la predica. Il giorno prima avevo avuto una discussione con un cittadino marocchino. No, niente di grave ma ci sono rimasto male. Ho passato una notte tormentata. E, il giorno dopo, non me la sono sentita di predicare agli altri... Tutto qui. Basta».

Ma che omelia, invece, don Gianni! Senza parole e per questo carica di significato, di un’onestà intellettuale che il tam tam dei fedeli ha dimostrato di capire e apprezzare in un mondo dove spesso e volentieri tocca urlare (non importa cosa) per fare vedere che si esiste.

Don Damolin, del resto, alla recente convention dei missionari, aveva notato: «Tornando dall’Africa, dove non c’era nulla, ho trovato Internet, la posta elettronica. Eppure qui la gente è sempre più frastornata». Il nuovo parroco sa bene che la sua comunità ha delle ferite recenti da cauterizzare e si muove in linea con il recente ammonimento della Cei: «Una “poltiglia insulsa”, quasi una “pietanza immangiabile” o, comunque, ben “poco nutriente”. Così, agli occhi di molti fedeli, devono apparire non poche delle omelie che ogni domenica vengono pronunciate dai pulpiti. Questione di parole, ma anche di atteggiamenti e di testimonianze credibili da parte di chi è chiamato a fare la predica». A denunciarlo era stato il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, in un intervento pubblicato dall’Osservatore Romano.

Conta l’esempio, insomma, e don Damolin si è comportato di conseguenza.













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