Papa Wojtyla, bufera sulla fiction

I testimoni dell’epoca criticano la fiction Rai. Gianluca Rosa: «La verità è stata ridicolizzata». Decarli: «Un’occasione persa»



TRENTO. Altro che fiction, quella vista l’altra sera su Rai1 sembrava un’antica barzelletta, con Lino Zani maestro di sci, Lino Zani rubacuori, Lino Zani alpinista, Lino Zani in un crepaccio, Lino Zani salvo per miracolo dopo un incidente stradale e lo spettatore che si chiede: ma chi è quel signore vestito di bianco vicino a Lino Zani? Risposta: il Papa.

Povero Giovanni Paolo II, relegato al ruolo di comparsa nel giorno della santificazione, come se la storia di un montanaro ambizioso (Lino Zani) fosse più interessante di quella del pontefice. Tanto che uno come Gianluca Rosa, il notaio di Spiazzo Rendena che trent’anni fa - era il 1984 - invitò Papa Wojtyla in Trentino a sciare - ha spedito ieri mattina agli amici un lungo (e amaro) sms per esprimere la sua delusione.

Monsignor Giulio Viviani in realtà aveva messo tutti sull’avviso, con quel giudizio (“E’ solo un romanzo, tutto diverso dalla realtà storica”) alla vigilia della messa in onda di “Non avere paura” e con l’annuncio che lui - già cerimoniere pontificio e cappellano della gendarmeria del Vaticano - la fiction non l’avrebbe guardata.

Il notaio Rosa invece si è preso il disturbo di vederla (anche se pare non abbia resistito fino in fondo, perché evidentemente c’è un limite a tutto) e il giudizio è impietoso: «Amici e conoscenti che conoscono la vicenda, si sono rivolti a me indignati per come i fatti sono stati travisati, manipolati, falsati, addirittura ridicolizzati. Ma si sa, quando si parla di fiction indulgere con la fantasia è lecito, anche se fa uno strano effetto immaginare un Papa così interessato alle vicende amorose di Lino o che si arrampica su per Cresta Croce, come accade nel film dove naturalmente non si tratta della vera croce».

L’invito al Papa di Gianluca Rosa nella fiction viene liquidato come la lettera di “un giovane fedele” e poi largo a Zani, all’epoca figlio del gestore del rifugio Caduti dell’Adamello che sulla sua amicizia con il Papa scrisse il libro da cui è stata tratta (con una certa libertà) la fiction. Gelosia, invidia, rivalità? Rosa - maestro di sci, che all’epoca studiava da notaio nella capitale e soffriva di nostalgia per le montagne - la mette giù così: «Non ho mai voluto speculare su questa storia e comunque non è importante se è stato Rosa o se è stato Zani a guidare il Papa sul ghiacciaio. Il fatto è che c’è una cronaca da rispettare. Non ho mai cercato denaro o fama, perché ho sempre pensato che il Papa fosse patrimonio di tutti, ma ora basta: Lino mi ha deluso. Si è voluto appropriare di questa vicenda? Pazienza, ma doveva raccontarla nel modo corretto».

Non è solo questione di inesattezze (i sacerdoti polacchi non arrivarono mai a passo Tonale), di imperdonabili grossolanità (mai visti gli alpinisti urlare a pieni polmoni da un versante all’altro durante una scalata a un Ottomila) e di una certa sciatteria (il gatto delle nevi è molto più moderno rispetto a quello utilizzato all’epoca da Wojtyla e Pertini) perché secondo Rosa anche l’atmosfera di quelle due giornate è stata falsata: «In televisione si percepisce un clima di cameratismo che in realtà non c’era, per non dire di come è stato “caricaturizzato” il capo dello stato Pertini».

Nel film risulta che Zani rinunciò a 300 milioni di lire per le foto del Papa sciatore. Dice Rosa che a lui ne offrirono (invano) 50. L’ufficio stampa del Vaticano diffuse alcune fotografie per evitare speculazioni. Di certo c’è che il giornalista Diego Decarli con le sue fotografie fece lo scoop che gli aprì le porte dell’agenzia Ansa. Lui quel giorno giunse lassù con Ettore Zampiccoli e Toni Masè: «Quello che vidi all’epoca è diverso da quello che ho visto in televisione. Arrivò - a piedi - un alpino di Carisolo, Gabriele Pedretti, che voleva salutare il Papa. C’erano una quindicina di persone al massimo. Non entro nel merito della fiction - questo è un problema di Zani e della Rai - ma da uomo e giornalista presente in quel giorno di luglio sull’Adamello posso dire che è andata persa un’occasione per raccontare l’umanità di quel Papa e la straordinarietà di quell’evento».

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