Pacher: «Nel 2013 non mi ricandiderò»

L’annuncio del vicepresidente spiazza il Pd: «Non sono una persona per tutte le stagioni». Critiche alla linea dei Democratici sulle alleanze


di Chiara Bert


TRENTO. Il successore designato fa un passo indietro. Alberto Pacher non si candiderà nel 2013 alla guida della Provincia. Non sarà lui il dopo-Dellai e non solo: interromperà l’anno prossimo il suo impegno diretto nelle istituzioni. «Non sono una persona buona per tutte le stagioni e una stagione è finita», ha scritto in una lunga lettera aperta agli iscritti per annunciare la sua decisione. «Una decisione sofferta - spiega - maturata negli ultimi mesi, ma oggi acquisita. Una scelta personale e politica».

Prima di inviare la lettera, il vicepresidente della giunta ieri ha informato personalmente il segretario del Pd, Michele Nicoletti, e nel pomeriggio ha parlato con gli esponenti del partito a lui più vicini. La notizia, com’è facile intuire, ha provocato uno sconquasso dentro il Partito democratico trentino. In tarda serata qualche consigliere ancora era all’oscuro di tutto.

La decisione ha spiazzato il Pd, a cominciare dai fedelissimi del vicepresidente, che da anni puntavano su di lui per la delicatissima successione al vertice della Provincia dopo i 15 anni di èra dellaiana. Ma va anche detto che la rinuncia di Pacher a correre nel 2013 non ha colto tutti di sorpresa. A chi gli è sempre stato più vicino, politicamente ed umanamente, l’ex sindaco di Trento aveva confidato da giorni la scelta che stava maturando: «Non me la sento, questa non è più la mia politica. Sono un uomo di un’altra stagione».

A nulla sono valsi evidentemente i tentativi di convincerlo a ripensarci, di chi gli ha ripetuto che è lui il candidato ideale del Pd e del centrosinistra, l’unico in grado di fare sintesi dentro la coalizione, il solo con l’esperienza necessaria per guidare la Provincia in una fase che si annuncia difficile su più fronti, dai rapporti conflittuali con il governo ai bilanci sempre più magri.

«So che molti ripongono fiducia in me - è stata la risposta di Pacher - ma sono io che non me la sento». Le motivazioni della sua scelta le ha date nella lettera: quattro dense pagine che contengono una profonda analisi politica e al tempo stesso una sincera e appassionata confessione personale.

Pacher ripercorre la storia del suo impegno politico cominciato nel 1990, quando si candidò per la prima volta in Comune ed era da poco crollato il muro di Berlino. Un’esperienza vissuta prima dentro il Pci, poi nel Pds-Ds, per arrivare alla felice stagione dell’Ulivo di Prodi e alla nascita del Pd. Cominciano qui le considerazioni amare: «A me pare che nel dibattito che sta attraversando il nostro partito oggi vi sia un vuoto di cui non riesco a trovare le ragioni». Pacher critica apertamente la linea del partito sulle alleanze e sulle primarie. «Come si fa a pensare che delle primarie nelle quali concorre anche il segretario del partito non si trasformino in una sorta di congresso? Come si fa a concentrarsi su delle primarie senza sapere quale sarà la coalizione di governo?». Il punto critico, per Pacher, è proprio quello delle alleanze: «Quando è stato deciso, e da chi, che il Pd doveva lasciare la propria vocazione maggioritaria, la propria vocazione inclusiva per dedicarsi all’area di sinistra? Chi ha deciso che a noi sarebbe toccato il compito di cercare un accordo con Sel e altri, per così dire, minori, mentre ad altri (Casini, Montezemolo, il centro degasperiano a cui sta lavorando Dellai?) sarebbe spettato il compito di rappresentare la parte moderata dell’elettorato?». Per dare il mio contributo, prosegue, «ho bisogno di sentirmi “a casa” in un progetto politico. Sono nato e vissuto in una stagione inclusiva e in un quadro così diverso non credo sarei in grado di dare il meglio di me come ho sempre cercato di fare». Pacher si sfila dunque: decide di interrompere alla fine del mandato il suo impegno attivo nelle istituzioni, «in fondo ho sempre pensato che come tutte le cose belle e importanti debba avere un inizio e una fine, ed è un privilegio poter scegliere quando». Si tira indietro ora, quando manca un anno alle elezioni provinciali, «prima che si possano consolidare aspettative attorno alla mia persona». Porterà a compimento la legislatura, quasi sicuramente guidando la Provincia se Dellai si dimetterà per candidarsi al parlamento. Poi, nel 2013, toccherà ad altri. Olivi, Rossi, Zeni? La corsa è appena cominciata ma il candidato designato non ci sarà.

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