il confronto

Orsi, Trentino e Abruzzo a confronto: i marsicani ancora a rischio estinzione

Nel Parco Nazionale d'Abruzzo i plantigradi sono rimasti sempre lo stesso numero: tra i 50 e i 70 esemplari. In Trentinoda 10 a 100 orsi adulti in poco più di 20 anni con il progetto Life Ursus



TRENTO. Ci sono molti punti in comune tra la storia dell’orso marsicano in centro Italia - una variante geneticamente distinta dell’orso bruno: leggermente più piccolo, meno aggressivo e molto più schivo del suo parente slavo e trentino - e dell’orso bruno in Trentino.

Un parco per salvarlo

All’inizio del 1900 la popolazione orsi marsicani si era ridotta a una cinquantina di esemplari. Riparati in un’area particolarmente impervia in abruzzo e almeno in parte salvati da una estesa riserva di caccia. Il Parco nazionale d’Abruzzo, uno dei più antichi d'Italia, nasce nel 1921. Nel proprio logo mette, non a caso, l’orso. La popolazione stimata era, appunto, di 50 esemplari che dalla zona del parco spaziano lungo l’Appennino verso Lazio e Molise.

La risposta della specie

In cento anni, lo stato della popolazione di orsi marsicani è oscillato attorno alla soglia del rischio estinzione, senza mai allontanarsene. Nei primi decenni di vita del Parco la popolazione era scesa fino a una trentina di esemplari. Poi è risalita tornano attorno alla cinquantina. È la popolazione che si stima sia presente anche oggi: tra i 50 e i 69 esemplari. Si concentrano nell’area del parco ma si muovono anche al di fuori. Ci sono state tre presenze segnalate in Umbria, una in Molise e una nelle Marche. Si tratta di tracce biologiche (peli, escrementi) che hanno permesso di identificare l’orso che le aveva lasciate. La specie è considerata tutt’ora a grave rischio di estinzione.

La dispersione delle femmine

In Abruzzo come in Trentino, negli ultimi anni si sono verificati alcuni casi di femmine che hanno lasciato l’area stabilmente occupata dalla specie per spostarsi lungo l’Appennino. Sono segnali salutati dagli esperti con ottimismo: l’ampliamento dell’areale è visto come indispensabile per la sopravvivenza della specie.

Le nuove nascite

Se in 100 anni partendo da 50 orsi si arriva a 50 orsi (e spiccioli) si può dire senza troppi calcoli che il tasso di crescita della specie è zero. Ma le ragioni possono essere diverse. L’orso marsicano ha in questi anni (il monitoraggio sistematico delle nascite viene compiuto dal 2006 ma i dati sono completi dal 2008) un tasso di natalità particolarmente basso. le femmine in età riproduttiva erano 13 nel 2008, e in quell’anno 6 di loro avevano dato alla luce un totale di 10 cuccioli. Nel 2021 le femmine teoricamente riproduttive sono diventate 14 ma solo tre di loro hanno dato alla luce 7 cuccioli complessivi.

Radicollare “sterilizzante”

È un dato che non viene spiegato scientificamente, ma resta un dato: nessuna femmina radiocollarata (la maggioranza degli orsi marsicani lo è) genera dei cuccioli. La casistica è troppo ampia per pensare che sia una coincidenza. Per un motivo o l’altro, le femmine col collare non partoriscono cuccioli.

Le cause di morte

È il dato che colpisce di più e anche quello che spiega probabilmente perché malgrado 100 anni di studi e tutela (arrivando a piantare alberi da frutta selvatici in montagna per favorirne l’alimentazione), l’orso marsicano non aumenti di numero. Nell’arco di 51 anni, solo il 18% degli orsi è morto per cause naturali. Gli altri, tutti per mano, diretta o indiretta, dell’uomo. Tra il 42 e il 48 per cento, sono vittime di bracconaggio: fucile, laccio, bocconi avvelenati. Accade quando dal parco “sconfinano” nelle aree coltivate o dedite all’allevamento. Tra il 28 e il 32 per cento muoiono invece investiti su strada o dal treno o comunque incappando accidentalmente in insidie create dall’uomo, come annegando in vasche artificiali. Il mito della felice convivenza con allevatori e agricoltori, vacilla. Nelle tre regioni interessate sono attive 4 squadre cinofile, pagate dai Carabinieri, che si dedicano esclusivamente alla ricerca di bocconi avvelenati. Nel 2021 l’unico orso morto di cui si sono trovati i resti era stato investito da un tir.

 

TRENTINO

 In Trentino l’orso è animale legato a storia e tradizione quanto in centro Italia, ma si è sempre trattato di orso bruno, non della sottospecie orso marsicano. Anche in Trentino una caccia secolare e l’antropizzazione del territorio avevano portato la specie all’orlo dell’estinzione.

Un parco per salvarlo

L’idea di un parco naturale per salvare l’orso bruno in Trentino prende piede tra studiosi e appassionati negli stessi anni di quella del Parco Nazionale d’Abruzzo, a inizio Novecento. Al Parco Naturale Adamello Brenta si arriverà però, per vicissitudini storiche e amministrative diverse, solo nel 1967. Con l’assetto definitivo, sia in termini geografici che normativi, che avrebbe preso corpo 20 anni più tardi. Comunque, la popolazione di orsi era ridotta a una decina. Poche femmine rispetto al numero di grossi adulti maschi: di fatto non sopravvivevano più cuccioli, perché uccisi sistematicamente dagli adulti. Per questo nel 1996 la popolazione fu riequilibrata introducento dieci nuovi orsi (8 femmine) in arrivo dai Balcani. Il progetto Life Ursus.

La risposta della specie

Dal punto di vista zooligico, l’intervento di Life Ursus è stato un successo incondizionato. Da quei 10 orsi introdotti (l’apporto dei superstiti della vecchia popolazione trentina non risulta geneticamente in nessuno dei nuovi esemplari, quindi si deve forse considerare zero) siamo arrivati a 69 esemplari adulti accertati (da tracce del dna di ognuno documentate) nel 2021 e alla stima, considerando la difficoltà di monitoraggio, di una popolazione attorno al centinaio di esemplari. E questo al netto di un numero non trascurabile di animali, giovani maschi, che si sono allontanati dal Trentino arrivando fino in Piemonte verso Est e in Austria e Balcani verso Ovest.

La dispersione delle femmine

Il grosso delle femmine resta in un’area ristretta attorno al Brenta ma ci sono segni certi di dispersione con almeno due cucciolate certe nate al confine con la Lombardia. I segnali di un ampliamento stabile dell’areale della specie sono concreti.

Le nuove nascite

Il numero di cucciolate è andato progressivamente aumentando, dopo l’ambientamento dei nuovi arrivati. E in 20 anni si è passati dall’unica cucciolata documentata del 2002 (con 2 cuccioli) alle 9 del 2021 (con 13 cuccioli), Il picco nel 2020: 12 cucciolate e 23 orsetti. L’andamento è oscillante, forse in relazione all’andamento delle stagioni, ma la tendenza è a un progressivo aumento. La popolazione cresce, in ogni classe di età, con un tasso stimabile nel 10 per cento l’anno. Vuol dire che se quest’anno fossero 100, l’anno prossimo sarebbero 110 e quello successivo 121 e avanti così.

Radiocollare “sterilizzante”

Pur non avendo la stessa casistica, perché gli orsi radiocollarati da noi sono solo tre, si confermerebbe l’effetto “anticoncezionali” del radiocollare: proprio JJ4 nell’anno in cui è stata radiocollarata non si è riprodotta.

Le cause di morte

Il rapporto Grandi Carnivori è annuale e una statisticasu un arco temporale medio non c’è. Comunque dal 2016 al 2021 è stata documentata la morte di 12 orsi. Sette di loro sono stati uccisi e predati (nel senso che risultano anche mangiati, almeno in parte) da altri orsi. Uno è morto in seguito a un investimento stradale. Uno, KJ2 nel 2017, è stato abbattuto per effetto di un’ordinanza della Provincia: è l’unico animale considerato pericoloso che in Trentino sia stato effettivamente ucciso. Presidente era Ugo Rossi che dal processo che ne è seguito è uscito assolto, ma anni dopo. Bisogna arrivare al 2016 per trovare due morti per bracconaggio: un maschio e una femmina trovati morti nella zona di Lover, a marzo e a ottobre, entrambi avvelenati. Nello stesso anno un altro orso era stato abbattuto in Svizzera (M32) e un quarto era morto ucciso da un altro orso.













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