Orler: «I miei scatti sulla neve scelti per il libro dei Mondiali»

Il fotografo di Predazzo ora vive a Milano e si è affermato per le sue opere di «snowart» «Appassionato delle montagne fin da piccolo, cerco di trasmettere quelle emozioni agli altri»


di Michele Zadra


CAVALESE. Raccoglie mille significati "Silenzi da guardare", libro per immagini che Pierluigi Orler Dellasega ha presentato giorni fa al Centro d'arte contemporanea di Cavalese. Predazzano e fiemmese d'origine, milanese di adozione e formazione, Orler è fotografo affermato di viaggi, sport, architettura ma anche di natura ed in particolare di ambienti naturali innevati, per lui inedite e incomparabili forme d'arte che lui chiama "snowart" per i contrasti tra luci ed ombre, oppure per le forme geometriche lasciate dalla traccia di uno sciatore o di un gatto delle nevi. Abbiamo cercato di individuare alcuni dei significati del suo libro.

Cos'è prima di tutto, "Silenzi da guardare"?

E' un tributo alla mia terra, la Val di Fiemme, con paesaggi, scorci e momenti della sua storia soprattutto sportiva più o meno noti, tutti senza didascalie per dare spazio alle emozioni di ognuno più che alle nozioni. Una Val di Fiemme che si conosce ma non si conosce abbastanza e che in ogni momento, anche guardando un suo panorama che si è visto tante volte, evoca sensazioni ed emozioni nuove e diverse. Per me è un sogno che si realizza con grandi soddisfazioni aggiunte come il sostegno della Provincia di Trento e la presentazione ai Mondiali dove "Silenzi da guardare" è stato consegnato ad illustri ospiti come il Re di Svezia Carlo XVI Gustavo.

Ma il suo libro è anche un inno al silenzio. Impresa ardua in un periodo nel quale il chiasso domina?

E' una sfida che affronto con grande determinazione. Bisogna tornare a guardare il silenzio, ad ascoltarlo, come diceva Luigi Alfieri che ha curato la prefazione del libro, a fare tesoro delle mille emozioni che da esso scaturiscono. Ricordo che tante volte, negli anni della mia infanzia, il parroco portava noi, ragazzini di Predazzo, a Bellamonte ad ammirare il tramonto sulle Pale di San Martino e noi stavamo lì in silenzio per lungo tempo ad ammirare questo spettacolo. E' una cosa che oggi si è persa, spero non irrimediabilmente.

E sulla "crisi" dell'osservare cosa si può dire?

Che è un'altra grave lacuna del nostro tempo. Ai giorni nostri si guarda e non si vede e viceversa. Bisogna recuperare la piena percezione dell'osservazione ed ogni immagine di "Silenzi da guardare" non ha didascalia proprio per rilanciare questo stimolo ad osservare, vedendo e guardando.

Possiamo dire che "Silenzi da guardare" è il primo volume di grandi successi che chiude una prima fase?

Sì, sono i successi che preferisco di questa prima parte della mia carriera che ora va avanti approfondendo ulteriormente questi temi e cercandone altri.

Nuovi silenzi da scoprire.

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