la sentenza

Not, la Provincia vince la maxicausa da 32 milioni

Respinti dal Tar i ricorsi di Impregilo e Pizzarotti che chiedevano di tornare al project financing. Per i giudici l’appalto tradizionale è più conveniente


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Ieri, in Provincia hanno tirato un grosso sospiro di sollievo. Il Tar di Trento con due distinte ha respinto i ricorsi presentati da due delle cordate di imprese (Rti) che avevano partecipato alla gara per la costruzione del Not, il nuovo ospedale trentino, contro la revoca del bando di gara formalizzata dalla Provincia con una determina del 16 giugno 2016. Le due Rti in questione, da un lato quella guidata dalla Salini-Impregilo e dall’altro quella capitana dalla Pizzarotti, chiedevano anche risarcimenti e indennizzi per oltre 32 milioni di euro. Per la precisione la cordata Pizzarotti chiedeva 10 milioni e 900 mila euro, mentre il raggruppamento di imprese Salini-Impregilo chiedeva quasi 21,5 milioni.

Soldi che avrebbero dovuto risarcire i presunti danni derivanti dall’annullamento della gara d’appalto. Le due sentenze, ciascuna con motivazioni lunghe più di 100 pagine firmate dall’estensore Carlo Polidori e dalla presidente del Tar Roberta Vigotti, hanno respinto i ricorsi su tutta la linea. Anzi, hanno spiegato che bene aveva fatto la Provincia ad annullare in autotutela la prima gara per la costruzione del Not. Adesso, però, è quasi sicuro il ricorso al Consiglio di Stato.

Come si ricorderà, in origine si era deciso di costruire l’ospedale sull’area delle ex caserme con la formula mista del project financing, ovvero con la partecipazione del privato vincitore della gara ai costi di costruzione e l’affidamento allo stesso privato della gestione della struttura per 30 anni. Il costo iniziale era di 300 milioni di euro, 160 a carico della Provincia e 140 a carico del privato che avrebbe guadagnato dalla gestione. Questa formula, però, non è diventata più conveniente dal momento che il costo del denaro è sceso notevolmente, e, complice l’annullamento della gara da parte del Consiglio di Stato, piazza Dante ha deciso di revocare la gara e di avviare l’iter di un appalto tradizionale. Questo anche perché adesso è possibile accedere a finanziamenti convenienti e a tasso fisso da parte della Bei, la banca europea degli investimenti, o della Cassa depositi e prestiti. Però le cordate che avevano partecipato alla gara hanno presentato ricorso e hanno chiesto corposi risarcimenti danni e indennizzi per il tempo e gli affari perduti.

Il Tar ha deciso al momento solo sui due ricorsi che chiedevano anche di annullare il provvedimento di revoca, mentre deciderà più avanti sui ricorsi delle cordate Mantovani e Cmb che miravano solo al risarcimento pecuniario.

Le due sentenze pubblicate ieri hanno affermato il principio che la Provincia non solo poteva, ma doveva revocare la vecchia gara d’appalto nell’interesse dell’ente pubblico, ma anche degli utenti, dal momento che il nuovo bando è in grado assicurare la realizzazione di una struttura più moderna.

In primo luogo, il Tar osserva che gli atti di revoca fanno parte della discrezionalità della pubblica amministrazione e che sono giustificati dal pubblico interesse a spendere di meno e ad avere una struttura più moderna e funzionale dal punto di vista sanitario rispetto a quella che poteva essere prevista nel bando del 2011. Secondo i giudici, la Provincia poteva revocare la gara dal momento che questa era stata annullata alla radice dal Consiglio di Stato e quindi le imprese nulla hanno da pretendere. Il Tar, poi, osserva che il vecchio bando era troppo sbilanciato a favore delle imprese private e che, quindi, un appalto tradizionale potrebbe essere più equilibrato.













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