«Non spegnete i corsi gender» 

L’incontro. Sala piena di insegnanti al convegno organizzato dall’Università sull’educazione di genere. Da più parti si è levato l’appello alla Provincia a non chiudere del tutto l’esperienza. Dai dati mostrati è emerso come ancora siano forti le discriminazioni ai danni delle donne



Trento. C’era la sala piena, ieri pomeriggio, alla Federazione della Cooperazione. Più di 300 insegnanti hanno partecipato al corso sulle differenze di genere organizzato dall’Università. Un corso che voleva essere una risposta alla chiusura della Provincia, senza però avere una valenza politica. Erano attese contestazioni da parte del centrodestra, ma davanti alla Cooperazione non si è visto nessuno. I carabinieri e la polizia schierati, sia pure non in forze, sono rimasti disoccupati. Non c’è stata alcuna contrapposizione. E quella di ieri è stata l’occasione per gli insegnanti accorsi di acquisire una serie di suggerimenti e anche notizie su come avvicinarsi a questo argomento parlando con gli allievi. In platea anche i candidati del Pd, a partire da Roberto Battiston, che si presenta alle elezioni europee, e da Giulia Merlo, candidata alle suppletive per la Camera dei Deputati.

La prorettrice Barbara Poggio, che ha delega anche alle politiche di genere, aprendo i lavori ha ricordato le donne vengono da una lunga storia di squilibri di genere: «Le donne non potevano studiare, non potevano esercitare determinate professioni, non potevano votare». Una storia che non è finita: «Molti squilibri non ci sono più, ma sono rimaste molte disuguaglianze. Nel mercato del lavoro la rivoluzione è incompiuta. Le donne laureate sono più degli uomini e studiano di più, ma molti lavori sono ancora preclusi». Per non parlare della violenza di genere che sembra aver raggiunto livelli molto alti anche grazie alla tecnologia: «Ci sono fenomeni come il revenge porn, il cyber stalking, i discorsi d’odio. L’anno scorso sono state quasi 7 milioni le violenze sulle donne, ogni tre giorni in Italia c’è un femminicidio. In Trentino ci sono stati 638 episodi di violenza. C’è chi dice che queste differenze tra uomo e donna siano naturali, che la donna deve essere sottomessa e rassegnarsi Noi invece vogliamo agire sui processi educativi, lavorare sulla consapevolezza dei bambini per fare in modo che riconoscano gli stereotipi e se ne difendano».

E l’incontro di ieri è stato proprio un viaggio negli stereotipi alla caccia di parole, modi di dire, anche figure di libri di testo che nascondo un forte sessismo, una sottovalutazione del ruolo della donna, quando non un vero e proprio disprezzo.

Tra gli esperti ha iniziato a parlare Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’Università di Milano che ha iniziato il suo intervento parlando di sentimenti: «La discriminazione sta anche nei sentimenti. Tristezza e paura sono sentimenti vietati agli uomini, tanto che si dice non piangere come una femminuccia. La nostra società impone dei modelli per le donne, tanto che le nostre figlie no si accettano dal punto di vista fisico. L’educazione di genere le aiuta, come può aiutare i maschi che, per il 95% dei casi ricevono le uniche informazioni sessuali dai siti pornografici. Per questo l’educazione di genere fa bene alle donne, ma fa bene anche ai maschi. Non spegnetela».

A queste parole conclusive dell’intervento di Pellai, la sala ha risposto con un applauso scrosciante. Poi è toccato a Irene Bienni, pedagogista dell’Università di Firenze che ha coinvolto la sala con un intervento ironico e a volte amaro che ha mostrato come la discriminazione tra maschi e femmine, la differenziazione tra i due sessi si annidi subdolamente anche nei libri di scuola, anche negli esempi che possono sembrare innocui dei libri di testo, anche nei disegni: «Si parla spesso di segregazione professionale o lavorativa, ma si parla poco di segregazione formativa. I due sessi vengono orientati verso formazioni diverse, i maschi verso una formazione più tecnica e scientifica e le femmine verso una formazione più umanistica. Fino a 14 anni sia maschi che femmine seguono più o meno la stessa strada. A 14 anni c’è la divaricazione. E dire che le femmine sono il 60% dei laureati in totale, ma sono di gran lunga la maggioranza in alcune facoltà come quelle finalizzate all’insegnamento, lettere e lingue, mentre ci sono carriere per gli uomini. Dobbiamo fare in modo di superare queste barriere».













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