«Non c’è stata alcuna estorsione» 

Uslenghi, avvocato di Grassi, e Franchini, di Itas, concordi: si poteva derubricare



TRENTO. Appare sorpreso dalle decisioni del gup l’avvocato Matteo Uslenghi, legale di Grassi: «Confidavo e sono totalmente convinto che ci fossero delle imputazioni che già in questa fase potessero essere archiviate perché totalmente infondate. Le mie controparti, in particolare Itas, mi hanno dato ragione sul fatto che quantomeno andasse esclusa l’estorsione consumata. Evidentemente il giudice ha ritenuto comunque opportuno fare degli accertamenti: noi sappiamo che il giudizio preliminare è un vaglio strettamente processuale sull’opportunità o meno di fare un dibattimento. Non lo temiamo, come non temevamo certe imputazioni oggi».

Anche per la calunnia è stato chiesto il giudizio: «Su questo sono ancora più sorpreso, perché la documentazione era autoesplicativa, però accettiamo anche quello. Diciamo che la ridefinizione di certi rapporti fra i soggetti di questo procedimento è solo rinviata: abbiamo cominciato a lavorare e l’udienza lunga di oggi è servita anche per inquadrare, tra le parti, le vicende e le situazioni».

Rimanete convinti di uscire con un’assoluzione? «Siamo assolutamente convinti che nel dibattimento ci saranno delle questioni che dovevano essere escluse oggi (ieri, ndr) e a maggior ragione lo saranno in aula. Su molte altre ci sarà da ricostruire una serie di scelte aziendali che oggi non appaiono, ma si tratta di scelte che – anche ricostruite su base documentale – non hanno nulla di illecito».

Nel senso che il comportamento di Grassi era noto ai vertici della società? «Il tema di fondo è che il comportamento era noto e non era vietato dall’azienda perché non era illecito».

Per l’avvocato Antonio Franchini, patrocinatore di Itas, «le scelte aziendali erano assolutamente lecite: rispetto ad esse sono stati commessi dei reati dal direttore generale assolutamente ignoti all’azienda e che sono emersi solo dopo l’accesso dei Ros dell’ottobre del 2016. Detto questo, la parte civile aveva chiesto la derubricazione del reato di estorsione in estorsione tentata, perché il dossier preparato dall’investigatore privato non ha mai costituito oggetto di minaccia nei confronti del presidente Di Benedetto. Ci è parso giusto farlo, perché la parte civile ha anche una funzione etica. Il giudice ha ritenuto diversamente: ne prendiamo atto e attendiamo il processo per portare avanti l’interesse di Itas alla condanna di tutti gli imputati».(l.m.)













Scuola & Ricerca

In primo piano