Neanche l’avere un lavoro salverà dal rimpatrio: la nuova “protezione speciale” non basta più

TRENTO. Il decreto sicurezza, come detto, cancella la “protezione umanitaria” (quella più concessa in termini numerici dalle Commissioni territoriali) e la sostituisce con una serie di “permessi...



TRENTO. Il decreto sicurezza, come detto, cancella la “protezione umanitaria” (quella più concessa in termini numerici dalle Commissioni territoriali) e la sostituisce con una serie di “permessi speciali” concedibili dalle autorità italiane per massimo 1 anno e solo per i seguenti motivi: protezione sociale; ragioni di salute; calamità naturale nel paese d’origine.

La differenza non è di poco conto. Innanzitutto perché la protezione umanitaria aveva durata di due anni, mentre i permessi speciali scadono dopo un solo anno. In secondo luogo poiché i permessi speciali non possono trasformarsi in permessi di lavoro qualora il richiedente asilo sia titolare di un contratto con un datore.

La situazione è piuttosto complessa e cerchiamo di spiegarla anche qui con un esempio. Prima del decreto sicurezza se un migrante con permesso umanitario trovava un lavoro della durata di - mettiamo - cinque anni, alla scadenza del permesso (cioè dopo due anni) poteva convertire la protezione umanitaria in permesso per lavoro, ricorrendo certi presupposti. Con i nuovi permessi speciali questo meccanismo non è più possibile per cui la realtà è che anche i titolari di contratti di lavoro stabili e in essere difficilmente potranno mantenere la loro occupazione, proprio perché il decreto fa venir meno il titolo giuridico per cui essi si trovano in Italia.













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