Nascose al fisco 7 milioni, ora la stangata

Un commerciante di Trento aveva fatto rientrare i capitali con lo scudo e poi li ha usati per finanziare la sua azienda


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Pensava di essere al sicuro con lo scudo fiscale. Invece l’Agenzia delle entrate di Trento gli ha presentato il conto milionario. Lui ha subito presentato ricorso alla Commissione tributaria di primo grado. Il presunto evasore è un noto commerciante del centro di Trento che negli anni scorsi aveva fatto rientrare in Italia grazie allo scudo fiscale capitali per 7 milioni di euro. Si trattava di capitali accumulati all’estero nel giro di molti anni di attività. Quando il governo Berlusconi ha ideato lo scudo fiscale, il commerciante ha pensato di far rientrare in Italia quei capitali. Lo scudo fiscale in versione tremontiana prevedeva il pagamento di un’imposta una tantum del 5 per cento. Una volta pagata quella, il contribuente era a posto. Si poteva scudare i propri soldi e lasciarli all’estero, oppure farli rientrare in Italia, ma a quel punto il capitale poteva essere tassato se reimpiegato.

Il commerciante pensava di aver risolto tutto con lo scudo fiscale e di non dovere più nulla al fisco. Ha pagato il 5 per cento di imposte e poi ha portato i suoi 7 milioni in Italia. Li ha usati per reinvestirli nella sua azienda a titolo finanziamento soci. Pensava fosse tutto a posto. Però, a questo punto, sono arrivati gli ispettori dell’Agenzia delle entrate che hanno avviato un accertamento. Al termine della verifica è arrivato il conto. Salato, molto salato. Secondo gli ispettori, il commerciante non poteva giustificare la provenienza di quei 7 milioni di euro. Quindi avrebbe dovuto pagarci le tasse con la normale aliquota. A giudizio dell’Agenzia delle entrate non bastava il 5 per cento pagato con lo scudo fiscale. Questo perché i soldi sono stati reimpiegati in un’attività imprenditoriale in Italia.

Ovviamente, il commerciante trentino ha subito contestato gli esiti dell’accertamento e ha fatto ricorso davanti alla Commissione tributaria. Per prima cosa ha depositato una fidejussione bancaria che copriva il 30 per cento dell’imposta che sarebbe stata evasa a giudizio dell’Agenzia delle entrate. Infatti, la normativa fiscale prevede che, per presentare ricorso contro le cartelle esattoriali dell’Agenzia delle entrate, occorre versare comunque il 30 per cento dell’imposta richiesta. In questo caso, quindi, il commerciante avrebbe dovuto versare quasi un milione di euro. Una somma che metterebbe in difficoltà chiunque. Il commerciante, però, ha chiesto la sospensione dell’esazione anche del solo 30 per cento e in cambio ha versato la fidejussione bancaria.

Il commerciante si è rivolto a uno studio tributario romano specializzato in grossi contenziosi con il fisco. Il legale del commerciante trentino ha presentato una memoria con la quale si fa presente che aderendo allo scudo fiscale il contribuente deve ritenersi in regola con fisco. Questo perché il pagamento del 5 per cento di imposta copre qualsiasi pretesa dello Stato. L’Agenzia delle entrate, però sostiene che lo scudo fiscale non equivale a un condono tombale. In altre parole copre il passato, ma non il futuro. Se il capitale viene impiegato in altre attività, come è accaduto in questo caso, può essere tassato con le aliquote naturali.

La contesa tra queste due tesi si presenta come molto importante, oltre che per il futuro dell’azienda del commerciante, anche per tutti gli altri italiani che hanno aderito allo scudo fiscale credendo di poter far rientrare in Italia i loro capitali senza colpo ferire o quasi. Come accade spesso in questi casi, il contenzioso potrebbe essere chiuso con un accordo. L’udienza, che era prevista per i giorni scorsi, è stata rinviata a ottobre proprio per permettere alle parti di studiare un’ipotesi di accordo. In questo modo, il commerciante trentino potrebbe limitare di molto i danni ed evitare la stangata milionaria.

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