Mozzarella blu: lotta contro il tempoper far ripartire gli impianti di Fiavè

La produzione è ferma da tre settimane: un danno economico già stimabile nell'ordine dei 600 mila euro, in una situazione che era già pesante prima del caso mozzarella blu



FIAVE’. Brillano al sole come tanti lucertoloni metallici. Una catasta di tubi d’acciaio abbandonata accanto alla porta del caseificio di Fiavé dimostra che qui i lavori fervono. Sono passate ormai tre settimane dalla scoperta delle mozzarelle blu. L’impianto di produzione è fermo da allora. Tre settimane che sono servite per risanare parte dei 250 metri di tubi.
Per giorni i tecnici hanno cercato l’infido bacillo pseudomonas lungo il labirinto di tubi d’acciaio. Più di venti giorni ci sono voluti per individuare i punti più delicati e sostituirli con pezzi nuovi. I vecchi sono ammucchiati fuori. Ma non è ancora finita. Tecnici e operai stanno lavorando intensamente per cercare di far riprendere la produzione lunedì, anche se è una corsa contro il tempo. Prima di ripartire a fare mozzarelle occorrono delle analisi di controllo e ci vogliono tre giorni. E qui ogni giorno vuol dire decine di migliaia di euro buttate. Basta pensare che si producono 60 quintali di mozzarella al giorno per un costo di 5 euro al chilo. A Fiavé lo sanno e per questo tecnici e operai si danno da fare al massimo. Intanto i camion cisterna con il latte continuano ad arrivare. Il caseificio non si ferma. La produzione delle mozzarelle assorbiva il 25 per cento del latte conferito. Il resto va per il latte fresco e il formaggio. Come spiega Werner commesso allo spaccio annesso al caseificio la gente continua a venire: «Quello che ci ha fatto più piacere questi giorni è stato l’incoraggiamento della gente. A parte qualche battuta, come quando ci hanno detto che facciamo la mozzarella con il Viagra, sono stati tutti molto solidali. Qui in valle, il caseificio conta come la Fiat per Torino. Chi non ci lavora o non ha le mucche è comunque legato alla cooperativa. Poi ci sono molto attaccati quelli che vivono nelle grandi città e tornano l’estate. Loro ci tengono anche di più e in questi giorni ci hanno fatto sentire il loro affetto».
Mentre parla arriva un pullman pieno di turisti tedeschi che invade lo spaccio e compra di tutto. Loro di mozzarelle blu non sanno nulla, ma i turisti italiani che arrivano subito dopo sì. Chiedono e si informano e poi comprano a man bassa tra i ringraziamenti dei commessi. All’uscita spiegano: «Noi di Fiavé ci fidiamo. Abbiamo comprato soprattutto il Trentingrana e altri formaggi a pasta dura, ma quando torneranno le mozzarelle le compreremo senza problemi». Del resto, come spiega Werner, è solo un problema di acqua, e non di latte: «C’è stato quel leghista lì che ha fatto credere che prendevamo il latte dall’estero. Ma il nostro latte viene solo dagli allevatori soci. I camion scaricano davanti a tutti. Sarebbe impossibile farlo venire da fuori».
I dipendenti del caseificio cercano di ostentare tranquillità. In ufficio dicono che tutto va bene: «I lavori proseguono e, se tutto procederà come deve, la produzione riprenderà lunedì». L’ottimismo è alto, anche se tutti sanno che il momento è difficile. La situazione era già molto pesante prima, con la remunerazione scesa a 38 centesimi al litro e la fusione con Latte Trento contestata da una minoranza dei soci. Due anni fa era dovuta intervenire Coperfidi acquistando l’immobile del caseificio. Un’operazione da oltre 20 milioni di euro che serviva come ponte per arrivare a costituire un unico grande polo bianco in Trentino. Adesso le mozzarelle blu.
In paese a Fiavé l’atmosfera non è di quelle allegre. Sui banchi frigo dei due negozi, la Famiglia cooperativa e la Despar, la vaschetta doppia di Fiavé ha lasciato spazio alle bustine della concorrente Brimi. Però la gente difende a spada tratta il prodotto di casa. Luigi Benini è sicuro: «E’ stato un sabotaggio. Su quintali e quintali di mozzarelle ne hanno trovate cinque blu. E chi ci dice che non le abbiamo prese dalla Germania e le abbiano messe nelle scatole di Fiavé?». Luciano Iori è ancora più duro: «E’ tutta una truffa dell’Europa. Ci hanno dato pochissime quote latte e poi ci tagliano le gambe con queste cose. Ma la qualità delle mozzarelle è ottima».

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