Metà reddito di garanzia sarà in voucher

L’assessore Olivi: «Buoni per acquistare generi primari». Assegno al nucleo familiare, una quota in servizi per l’infanzia


di Chiara Bert


TRENTO. Si annuncia una rivoluzione per il sistema di welfare provinciale, unanimemente riconosciuto tra i più avanzati e generosi d’Italia: non più solo sussidi monetari, dal 1° gennaio 2017 una parte dei sostegni sarà somministrata in voucher, buoni di servizio da utilizzare per generi di primo consumo o per servizi pubblici. «Un modo per responsabilizzare i beneficiari dei sussidi, per contrastare la marginalità materiale ma anche sociale e per indirizzare meglio le politiche pubbliche», spiega la novità il vicepresidente e assessore provinciale al lavoro Alessandro Olivi. Sulla proposta della Provincia già nei prossimi giorni si aprirà il confronto nel merito con i sindacati. Un confronto che interesserà anche quella rete di enti intermedi, a partire dai patronati, «ai quali - chiarisce Olivi - chiederemo di essere il luogo che orienta all’uso responsabile delle risorse pubbliche».

Reddito di garanzia. A cambiare sarà innanzitutto quel «reddito di garanzia» che è stato il primo tentativo nazionale di istituire un assegno universale per chi sta sotto la soglia di povertà e che vale circa 14 milioni all’anno sul bilancio della Provincia. Ne beneficia chi è residente in Trentino da almeno tre anni e ha un Icef fino a 0,13: prevede un tetto di 950 euro al mese per nucleo familiare fino a 8 mesi in un anno (con sospensione di un anno dopo due anni) e un «patto di servizio» con l’Agenzia del lavoro in modo da evitare forme di puro assistenzialismo. La novità che abbiamo previsto - annuncia l’assessore - è che il 50% della somma a cui il beneficiario ha diritto verrà erogata cash, mentre l’altra metà sottoforma di buoni acquisto di generi primari, una sorta di social card come quella prevista dall’assegno di povertà nazionale. Una soluzione che secondo Olivi «consentirà un controllo molto più attento che le risorse provinciali vadano effettivamente a contrastare la povertà e che i soldi non finiscano in spese poco coerenti con i veri bisogni, per esempio le dipendenze». Un rischio reale, secondo la Provincia, che il nuovo sistema di erogazione del reddito di garanzia dovrebbe ridurre, responsabilizzando chi riceve il sostegno.

Assegno al nucleo familiare. Analoga la filosofia che sta alla base della trasformazione proposta per l’assegno al nucleo familiare, una misura regionale la cui gestione è passata alle Province di Trento e Bolzano, per un valore complessivo di circa 70 milioni l’anno, la metà dei quali va alle famiglie trentine. Anche in questo caso una parte dell’assegno (che potrà variare in un range tra il 30 e il 50%) sarà trasformata in voucher. Questa volta si tratterà di buoni da utilizzare per l’accesso a servizi pubblici per i minori, tra le prime ipotesi l’asilo nido, la mensa, i trasporti scolastici. «Servizi - sottolinea Olivi - che hanno una funzione educativa e che devono contribuire a combattere situazioni di marginalità relazionale, inserendo in un circuito di socialità chi oggi rischia di restarne escluso. In questo caso abbiamo pensato all’anello più debole che sono i bambini. Resterà comunque una quota libera che le famiglie potranno decidere come utilizzare». E se la famiglia gode di riduzioni su quei servizi, potrà massimizzare il vantaggio dirottando quanto risparmia su altro.

A regime un unico assegno. Secondo la proposta della Provincia, le due sperimentazioni dovrebbero partire con il primo gennaio del prossimo anno. L’approdo - a regime - sarà un «assegno unico provinciale» che resterà composto da diverse voci ma fotograferà in un’unica scheda il fabbisogno del soggetto o della famiglia beneficiaria di sostegni pubblici (dal reddito di garanzia all’assegno al nucleo familiare, al contributo all’affitto). Resteranno separati gli ammortizzatori sociali, che hanno una funzione diversa: sostenere il lavoratore che ha perso il lavoro.

Olivi: «Le risorse non caleranno». Il nuovo assetto dei sussidi aiuterà, secondo l’assessore, a capire i bisogni e indirizzare le politiche pubbliche: «Il nostro obiettivo - spiega - dev’essere quello di fare in modo che ci sia un ricambio dei beneficiari, ci dev’essere chi entra ma anche chi esce da situazioni di difficoltà». Tradotto: i poveri non possono restare poveri per sempre, «vorrebbe dire che lo stato sociale ha fallito». «Non è solo un problema di risorse pubbliche ma di qualità delle politiche che mettiamo in campo». E da questo punto di vista Olivi previene un’obiezione che - ammette - è già in agguato: «L’operazione non servirà a fare cassa, le risorse destinate al welfare non saranno ridotte, è un impegno che mi assumo fin dal prossimo bilancio».

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