«Meno sbarchi, ma più morti in mare» 

L’analisi di Felipe Camargo, rappresentante per il Sud Europa dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati


di Fabio Peterlongo


TRENTO. «La Guardia costiera italiana riceve l'ordine di non salvare i migranti in mare. Dopo aver salvato migliaia di persone, i militari italiani si trovano di fronte ad un dramma morale e all'ordine di violare la legge». L'accusa al governo è pronunciata in maniera inequivocabile da Felipe Camargo, rappresentante per il Sud Europa dell'Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati; di fronte, il pubblico dell'incontro “L'umanità che salva l'umanità”, svoltosi a palazzo Geremia per la Settimana dell'accoglienza.

Camargo lancia l'allarme per la situazione umanitaria nel Mediterraneo centrale: «In Italia, si è passati dai 181mila sbarcati nel 2016 agli attuali 20mila: di fronte a questa diminuzione sono aumentati i morti in mare, 1540 nel 2018. Accade perché le navi delle Ong non sono più presenti. Inoltre, non abbiamo idea di cosa succeda nelle acque libiche: la Guardia costiera libica salva le persone dal mare per riconsegnarle ai loro aguzzini a terra». Camargo contesta la “stretta” all'accoglienza portata avanti dai governi europei: «Le migrazioni dall'Africa avvengono da decenni, dai tempi delle decolonizzazioni. L'idea che i flussi possano essere fermati chiudendo i porti e criminalizzando le Ong è sbagliata: il traffico di uomini cambierà le sue tratte, come mostra l'impennata di accessi in Spagna, ma non finirà, perché è un business, che risponde alla povertà endemica dell'Africa».

Camargo contesta la distinzione rigida tra migranti che fuggono tra guerra e persecuzioni e migranti “economici”: «Siamo di fronte a flussi misti: su un barcone si trovano sia gli uni che gli altri. Bisogna sapere gestire entrambi, con un nuovo approccio di livello europeo. I numeri mostrano come sia un fenomeno ampiamente gestibile, nonostante i tentativi da parte del governo italiano di esacerbare gli animi con un linguaggio che non fa bene alla stabilità sociale». Camargo tratteggia una mappa delle migrazioni: «A livello mondiale il 68% dei profughi arriva da cinque paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar, Somalia. La situazione dei musulmani birmani, i “Rohingya” è disastrosa: il 100% di loro sono fuggiti, soprattutto verso il Bangladesh, in seguito alle persecuzioni del regime “buddista”. Si è rischiato un autentico genocidio. Tra i dieci paesi che accolgono più profughi, di europea vi è solo la Germania».













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