melinda, voglia di biologico puntando all'Alta Val di Non

Il presidente Odorizzi: «Spetta ai territori decidere il loro futuro»


Sandra Mattei


CLES. Se in Alta Anaunia ci si interroga su sviluppo sostenibile e recupero di antiche coltivazioni, nel quartier generale di Melinda si è già passati ai fatti. La proposta di passare al biologico negli incontri con i soci lanciata in primavera avanza, con la promessa di remunerarli l'80% in più. I risultati? «C'è molto interesse», risponde il presidente Michele Odorizzi. E sull'estensione in Alta Anaunia del bio? «Sono gli amministratori a dover decidere». Presidente Odorizzi, c'è interesse per il biologico? Da parte dei nostri soci c'è molto interesse. Dopo gli incontri pubblici, ora riceviamo molte richieste di chiarimenti, anche perché non è facile convertire un terreno al biologico: c'è bisogno di una serie di attrezzature e, soprattutto, ci vuole una conoscenza precisa della materia. Chi stabilisce le regole e i controlli? Le regole sono stabilite da un decreto europeo, poi ci sono i controlli. Melinda stessa si impegna ad effettuare controlli delle coltivazioni e del prodotto, perché il marchio è nostro e abbiamo la responsabilità di controllare la qualità del prodotto finale. Quali le proposte per passare al biologico? Il prezzo che proponiamo si differenzia a seconda dei calibri: garantiamo l'80% in più per un prodotto da 60 millimetri fino a 70. Per le mele dai 70 ai 75 millimetri, il 60% e per quelle dai 75 agli 80, il 40%. Vuol dire che le mele biologiche, più piccole sono, più valgono? Sì, è così. Per i parametri del biologico, le pezzature troppo grandi non sono gradite. Anche qualche specie, come la Renetta, non è ideale perché di solito è di grande pezzatura. Tutte le altre specie, da Golden a Fuji, dalla Stark alla Gala, vanno bene. Che futuro ha la coltivazione biologica? Noi sappiamo che il bio ricopre il 2% del mercato. La proposta ai soci è di impegnarsi a passare quindi al 2/3% della superficie coltivata. Il problema, in valle, è che molte aziende hanno terreni sparsi, da qui la difficoltà di passare al biologico, con terreni circondati da altri. Una soluzione potrebbe essere che i proprietari di terreni confinanti si mettano insieme, con cooperative. Però ci sono resistenze. In Alta Anaunia ci sono i Comitati contrari all'estendere le coltivazioni. Penso che siano gli amministratori di un territorio a dover decidere del proprio futuro. Ma faccio notare che in Alto Adige, le zone come Caldaro, Appiano e Scena, con alta percentuale di coltivazioni, sono anche quelle a maggior vocazione turistica.













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