Maurizio racconta «Manolo» e gli alpinisti in sala sognano

Grande serata con il re dell’arrampicata libera


Andrea Selva


CAVALESE. Scalare le pareti? Molto meglio che andare alle Olimpiadi. Parola di Manolo (Maurizio Zanolla, per gli amici il Mago) che l'altra sera è intervenuto al Palacongressi per raccontare le sue scalate e il suo approccio alle montagne.

Proprio lui che - lanciato ormai verso i 54 anni - affronta ancora pareti da brivido nel tentativo di rallentare (parole sue) la triste discesa verso la vecchiaia. Parole e diapositive per raccontare una carriera cominciata tardi (17 anni) e concentrata in poche stagioni rubate al lavoro e agli altri impegni della vita.

Dotato di talento in abbondanza da essere incompreso - «con i miei capelli lunghi e i blue jeans le guide alpine credevano che fossi un drogato, e pensare che non fumavo nemmeno sigarette» - il giovane Manolo affrontava le pareti con tanta facilità da chiedersi come mai gli altri non riuscissero a stargli dietro. Il resto è noto, la sponsorizzazione della Sector e le scalate dei monumenti che hanno contribuito a renderlo famoso.

Ma quello che ha parlato l'altra sera a Cavalese è stato l'altro Manolo, per raccontare le sensazioni di una sciata in Libano, di un'esplorazione in Norvegia e anche la frustrazione per una spedizione himalayana quando ancora non aveva capito quale era la sua via tra le montagne. Ma anche la fortuna (forse) di essere diventato padre a 17 anni: «Capisco che sarà difficile da credere visto quello che ho fatto dopo - ha detto - ma è stata una responsabilità che forse mi ha salvato la vita, tenendomi un po' a freno».

Spazio per le domande: è vero Manolo che sopravvivi mangiando una mela al giorno? Risposta: «E' vero, ma un giorno che mi allenavo in bicicletta ho visto che un bambino andando a scuola aveva perso una merendina per la strada. L'ho raccolta zitto zitto: ero così affamato che penso di essermi mangiato anche la carta» ha scherzato.













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