l'allarme

Maternità e lavoro, 300 licenziamenti ogni anno

Nei comparti commercio e turismo ormai il dato è ricorrente: pochi soldi per permettersi una baby sitter e poca elasticità nei tempi. La Uil: «Emergenza»


di Daniele Peretti


TRENTO. Ormai è un dato annualmente ricorrente, quello di circa trecento licenziamenti per motivi legati alla maternità di dipendenti del comparto del commercio e del turismo in Trentino. Nel 2015 sono stati 292 (288 femmine e 4 uomini); la fascia d'età maggiormente interessata dal fenomeno delle dimissioni è quella compresa tra i 26 ed i 35 anni. Un dato che ha lo stesso impatto occupazionale di una fabbrica medio grande che si chiude, ma che non ha la stessa risonanza mediatica perché si tratta di situazioni singole, diluite nell'arco dell'anno, ma dai costi sociali molto alti.

"Basta pensare - spiega Walter Largher segretario generale della Uil-Tucs che ha curato l'indagine - che dopo l'anno di disoccupazione si tratta di lavoratori che non riescono più a rientrare nel mondo del lavoro e nella migliore delle ipotesi lo fanno nell'ambito del precariato e in condizioni del tutto diverse rispetto alle precedenti. Solo che sommando i costi legati al periodo della maternità a quelli della disoccupazione si arriva a importi significativi."

Sono interessanti anche le motivazioni che indicano tra le principali cause di licenziamento la sproporzione tra lo stipendio percepito e le spese necessarie per una baby sitter o per l'iscrizione all'asilo nido; l'incompatibilità tra gli orari di lavoro e quelli delle scuole materne, mentre è in crescita la percentuale di chi lascia il lavoro perché non può contare su una rete famigliare di sostegno: "Sotto questo aspetto la situazione è delicata perché oggi il part time non rappresenta più una scelta del lavoratore per ottimizzare gli orari nell'ambito delle esigenze famigliari come succedeva fino ad una decina di anni fa; oggi invece è diventata una forma contrattuale utilizzata dalle aziende per risolvere i propri problemi. Come può fare una mamma a gestire part time spezzati che vanno dalle 7 alle 10 ed alle 17 alle 19 e che comprendono nel monte ore anche il sabato e la domenica?"

Il quadro occupazionale è notevolmente cambiato in questi ultimi anni. A non godere di una rete famigliare di sostegno non sono solo i lavoratori stranieri, ma anche molti italiani che affrontano una migrazione interna pur di avere un posto di lavoro. Ma in Trentino non ci sono degli aiuti per evitare di abbandonare il lavoro? "Per i dipendenti del settore commercio e servizi in uscita non ci sono le stesse tutele contrattuali come per il pubblico impiego e questa è una differenza che già andrebbe eliminata.

Poi è preso poco in considerazione il congedo per paternità, possibile nella fascia da 0 a 3 anni con un massimo di 11 mesi. Prevale ancora il concetto che la gestione dei figli sia un' esclusiva delle mamme, mentre anche i padri potrebbero dare una mano a salvaguardare la posizione occupazionale della propria compagna. Un'alternativa altrettanto poco conosciuta è il congedo a ore che al contrario del part time che, se richiesto durante un normale contratto di lavoro l'azienda, può non concedere; la concessione del congedo dall'anno scorso è obbligatoria. 

E questa possibilità potrebbe integrarsi con le necessità orarie degli asili nido." Dove gli orari sono fermi a più di dieci anni fa. Il fine settimana può essere lavorativo per entrambi i genitori ed allora perché gli asili sono chiusi? Spesso succede che per far fonte ai turni comunicati settimanalmente si sia costretti a pagare l'iscrizione ad un tempo pieno che non verrà mai utilizzato, ma non corrispondendo gli orari di inizio lavoro con quelli d'ingresso diventa l'unica soluzione."













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