Manovra: il governo obbliga i comunia uscire da società elettriche e funivie

La nuova finanziaria prevede che i Comuni sotto i 30 mila abitanti (cioè in provincia tutti tranne Trento e Rovereto) debbano disfarsi di ogni loro partecipazione in società. Il Consorzio dei comuni si è già mosso, presentando il problema al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano



TRENTO. Può essere un disastro economico non da poco per il Trentino, tanto che il Consorzio dei comuni si è già mosso, presentando il problema addirittura al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La nuova finanziaria prevede che i Comuni sotto i 30 mila abitanti (cioè in provincia tutti tranne Trento e Rovereto) debbano disfarsi di ogni loro partecipazione in società.
Il tema è preoccupante e tocca sopratutto le realtà di montagna che entrano funzionalmente nell’economia del loro territorio anche attraverso il sostegno finanziario e azionario di società di servizio o comunque funzionali alla gestione del territorio. Stiamo parlando, per esempio, delle società impiantistiche che fanno della collaborazione con gli enti locali un punto di forza e di sostentamento che i privati, da soli, non potrebbero garantire. Ma ci sono poi tutte le realtà elettriche: praticamente tutti i Comuni trentini, poco o tanto, detengono azioni di società o consorzi, per non parlare delle Spa che gestiscono i parcheggi.
La questione è stata sollevata dal senatore Claudio Molinari che ha trovato l’articolo nelle pieghe della finanziaria ed ha lanciato l’allarme, presentando subito un emendamento che, di fatto, vorrebbe cancellare in toto la proposta. L’attenzione di Molinari va di pari passo con la particolare sensibilità da rivano ed ex sindaco: la città gardesana, infatti, è uno di quelle che verrebbe maggiormente penalizzata viste le molteplici partecipazioni legate non solo al turismo, ma anche al settore fieristico, accanto alla società di gestione dei parcheggi e a quella della distribuzione energetica.
Il discorso è diverso per Rovereto, che sta oltre la soglia dei 30 mila abitanti, ma è sotto i 50 mila e quindi rientra nella categoria che il decreto individua come potenziali detentrici di azioni, ma in una società sola. In teoria, dunque, Rovereto potrebbe tenersi stretta la partecipazione in Dolomiti energia che gli rende 6 milioni all’anno. Anche perché sarebbe paradossale che un patrimonio fatto nascere e sviluppato dalla città della Quercia come attore principale e con il capitale della comunità, finisse svenduto sul mercato. Però a quel punto potrebbero essere a rischio Amr, la partecipazione al Distretto tecnologico o a Trentino trasporti. Insomma, un problema che comporta un impatto economico colossale.
A completare l’opera ci si mette pure la scadenza fissata dalla manovra finanziaria: la “dismissione” va effettuata entro la fine dell’anno. Questo vuol dire - se il piano dovesse essere approvato - mettere i Comuni nelle condizioni di disfarsi in fretta delle loro quote azionarie e quindi svenderle. Probabile che i soggetti privati interessati saranno pronti al varco ad approfittare di colossali occasioni a prezzi stracciati.
La speranza che resta in piedi è quella di fare pressioni a livello romano perché questo articolo della finanziaria venga cancellato o almeno ammorbidito, magari nella direzione - non nuova per la verità - che vengano riconosciute ai Comuni le possibilità di fare parte di società di servizio e funzionali alla gestione del territorio. Una simile interpretazione era già stata utilizzata in passato, quando era stata tentata questa carta della “privatizzazione” forzata.

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