nuovi scenari

Malpagati e precari a vita: giovani "in fuga" dal lavoro

Su 100 assunzioni, 84 sono a termine. Le dimissioni diventano un fenomeno di massa. E la politica si interroga sul da farsi


Luca Marsilli


TRENTO. È un tema epocale e che riguarda tutto il mondo occidentale, ma questo non significa che non riguardi “anche” il Trentino e che il Trentino, in virtù della sua competenza diretta e pretesa eccellenza, non debba sforzarsi di trovare soluzioni locali. È ciò che stiamo provando a fare con questa inchiesta anche noi de “il nuovo Trentino”.

Il Covid, e su questo le forze sociali ammoniscono e richiamano l’attenzione già da due anni, ha cambiato l’atteggiamento verso il lavoro di una quota importante della popolazione. Ci lavoreranno sociologi e psicologi, ma non è difficile immaginare che una riscoperta fragilità e caducità abbiano determinato una rideterminazione dei valori: la vita è una e non necessariamente lunga quanto si poteva immaginare. Sta di fatto che molte persone hanno tirato il freno. Chi chiedendo riduzione del peso del lavoro sulla propria vita (e nel Nord Europa si inizia a parlare di settimana lavorativa di quattro giorni, per esempio) e chi semplicemente dimettendosi, per ricominciare su basi meno scontate ma che si sentono più affini alle proprie aspirazioni.

È il fenomeno delle dimissioni volontarie al quale ha fatto riferimento l’assessore Achille Spinelli nel suo intervento sulla stampa di domenica scorsa: sono aumentate del 13,8 per cento nel 2022, e partendo da un anno già record come quello precedente. Spinelli ammoniva a non cedere a letture semplicistiche e liquidare il problema con un “i giovani non hanno voglia di lavorare”, cosa peraltro che ogni generazione ha imputato alla successiva, da Noè in poi. E garantiva che la Provincia è pronta a fare la propria parte, nel creare le condizioni per un lavoro più gratificante e remunerato adeguatamente. Perché lo stesso Spinelli sottolineava come le passate generazioni avevano a bilanciare il peso di un lavoro permeante gran parte del loro tempo, stipendi che consentivano loro di costruirsi una casa, pagarsi una macchina, coltivare degli hobby. Mentre oggi si chiede un sacrificio superiore in termini di tempo, ma pagandolo meno di allora. E quindi il giovane dovrebbe essere felice di mettere al centro della propria vita un lavoro che lo costringe comunque a chiedere aiuto alla rete familiare per arrivare a fine mese. È una lettura onesta in modo addirittura sorprendente se si pensa che viene da chi ha avuto in mano le leve della politica del lavoro provinciale dell’ultima legislatura. Ma forse proprio per questo, le reazioni sono state improntate allo scetticismo. Colpevole la non fortunata coincidenza dell’avere Spinelli lanciato la sua dichiarazione di attenzioni al lavoro che cambia e ai giovani in particolare, proprio mentre proponeva ai Trentini anche la lista elettorale di cui farà parte.

«Il problema delle dimissioni dei giovani - gli rispondono i giovani di Casa Autonomia - è per noi molto sentito. La Provincia si sta attrezzando per affrontare questo nostro futuro? Beh, deve essere così. La nostra Autonomia consente alla Provincia di farlo, quindi il minimo è che ci provi. Quello che ci preoccupa di più è la Visione che c'è dietro all'intervento della Provincia. Non ci sfugge che la lettera dell'assessore sia arrivata in concomitanza con la Festa del Primo Maggio, con la pubblicazione dei dati sull'occupazione e con la presentazione del simbolo della sua lista. Ecco, è stato messo tutto sullo stesso piano: la Festa del Lavoro, la gravità dei dati e la lista Fugatti Presidente». Se dei giovani la Provincia si deve occupare, suggeriscono che cominci chiedendo ai giovani cosa vogliono. Scoprirà che la stabilità del mercato del lavoro è una priorità. Che se molti giovani vanno all’estero è per stipendi non adeguati, finti apprendistati che diventano precariato eterno e totale assenza di prospettive.

Non è diverso il richiamo di Walter Alotti (Uil): «Bisognerà agire sulla leva fiscale e sull'innovazione tecnologica e sociale oltre che su una nuova organizzazione del lavoro e della società dove contino le competenze, le responsabilità ed il merito. Dove riparta l'ascensore sociale. La vera sconfitta di cui è responsabile la nostra generazione di "boomers", che regge e forma l'immobile establishment attuale».

I dati che Agenzia del Lavoro ha pubblicato sono stati definiti pessimi per il calo di assunzioni: a gennaio 2023 sono state 10.324 con un calo del 10,4% rispetto al gennaio 2022. Ma dovrebbe forse colpire di più il fatto che su 10.324 assunzioni, solo 1.693 sono a tempo indeterminato. Il resto sono apprendistato (407), somministrato (998), a chiamata (802) e tempo determinato: 6.424. Ci sono 9.000 persone che vengono assunte ogni mese su altrettanti posti di lavoro, che ruotano come una giostra e spiegano le 175.000 assunzioni annuali in una Provincia che ha 240 mila occupati totali. Ai centri per l’impiego sono iscritti 22.025 lavoratori e il 94,1% si è iscritto dopo avere perso una occupazione: sono in gran parte persone fatte scendere dalla giostra e che aspettano il prossimo giro. Se si vuole davvero far sentire anche i giovani parte di un progetto complessivo, forse è indispensabile fermare la giostra.

 













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