Madre povera, le tolgono il figlioDa Roma un camper di latte e pannolini

La storia della giovane mamma trentina alla quale è stato tolto il figlio appena nato perché ritenuta troppo povera dal tribunale dei minori di Trento ha commosso tutta l’Italia. Per lei è  già pronto un camper carico di prodotti per neonati


Andrea Selva


TRENTO. Per la  giovane mamma in difficoltà economiche a cui il tribunale dei minori ha tolto il bimbo dopo il parto è pronto un camper carico di prodotti per neonati. L’offerta arriva da Roma, dove l’associazione Salvamamme è in grado di assicurare una scorta per un anno.

Ma la vicenda, sollevata dallo psicologo trentino Giuseppe Raspadori, consulente del Tribunale, ha provocato la reazione di magistrati e assistenti sociali. Una madre sola e giovanissima, che non è in grado di provvedere al figlio con il suo stipendio di 500 euro, ma che vuole ugualmente portare a termine la gravidanza finché interviene il tribunale dei minori avviando subito la procedura di adottabilità.

Una storia che non è finita (la madre potrebbe ricongiungersi con il figlio, ma questo dipenderà dal parere dei periti e dei magistrati al termine di un procedimento che è tuttora in corso) ma che già ha commosso l’Italia intera.

L’ultima offerta di solidarietà arriva appunto dall’associazione Salvamamme che è pronta a spedire in Trentino una fornitura di prodotti per neonato sufficiente per un anno: dagli omogeneizzati ai pannolini, ma anche vestitini, creme e altri prodotti per l’infanzia che possono aiutare la giovane mamma a far quadrare i conti a fine mese.
L’allarme era partito martedì nel corso di una conferenza stampa organizzata dallo psicologo Giuseppe Raspadori che in questa vicenda aveva il ruolo di consulente tecnico della giovane e ha voluto denunciare - al di là del singolo caso - le contraddizioni della giustizia minorile.
Ma i giudici non ci stanno. Con un comunicato diffuso ieri la sezione trentina dell’Associazione nazionale magistrati è intervenuta così: «Se ci fosse un provvedimento del giudice di tale tenore, lo si dovrebbe tirar fuori, evidenziandone quella parte della motivazione che basandosi sulle ragioni economiche e solo su queste abbia tolto il bimbo alla madre».
Ma per i giudici non è andata così. Al di là delle difficili condizioni economiche il bambino sarebbe stato tolto alla madre anche per tutelarlo da una situazione di pericolo segnalata dal personale dell’ospedale. E il comunicato continua così: «Poiché i giudici vogliono e devono difendere i diritti della collettività non toglierebbero mai un figlio ad una madre solo in considerazione del reddito. E’ importante che i cittadini lo sappiano».

Fiducia ai magistrati è arrivata dall’assessore alle Pari opportunità Lia Giovanazzi Beltrami che - pur non avendo potuto approfondire il caso specifico - ha sottolineato che “anche in casi precedenti l’attività del tribunale dei minori si è sempre rivelata corretta”.

Sul piede di guerra gli assistenti sociali - finiti nel mirino di Raspadori - che replicano attraverso il vice presidente regionale Gianmario Gazzi: «Proviamo rammarico per l’ennesima strumentalizzazione del lavoro dell’assistente sociale. Emerge dai numerosi articoli che sicuramente c’è un tessuto solidale ancora vivo, capace di attivarsi per aiutare gli altri, ma che trova risposte partecipate spesso solo nell’ottica emergenziale. Probabilmente se si potesse parlare di questi temi senza l’incessante ricerca di colpevoli e di errori, che non si possono escludere a priori da parte di tutti, situazioni così complesse potrebbero avere risposte migliori».

Polemiche che probabilmente alla giovane madre interessano poco: ha messo al mondo un figlio e se l’è visto portare via. Chiaro che la gente si commuova. Chiaro che i cittadini possano sospettare - come ha denunciato Raspadori - che il tribunale dei minori se lo conosci lo eviti.

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