Londra, i trentini nell'inferno della rivolta

Sconcerto e paura per le violenze che sconvolgono la capitale inglese


Serena Bressan


TRENTO. A Londra, la rivolta si è allargata dopo gli scontri nella zona di Tottenham. Notthing Hill, Brixton, Enfield, Clapham sono alcuni dei quartieri del capoluogo britannico teatro della rivolta. Cinque notti consecutive di tensione che si sta diffondendo a macchia d'olio in altre aree della Gran Bretagna, anche a Manchester e Birmingham. E a Londra vivono molti trentini, più o meno giovani. Chi per studio, chi per lavoro, si trovano ora a stare in una città che sta vivendo una situazione di violenza inaspettata.

«È iniziato tutto con un episodio drammatico: l'uccisione di un ragazzo da parte della polizia a Tottenham. Poi, dopo un'iniziale manifestazione di dissenso pacifica, la folla è impazzita, bruciando di tutto: macchine della polizia, edifici, camion dei pompieri. Ci sono stati saccheggi e atti vandalici», ha raccontato Marco Menestrina, giovane regista trentino che abita a Londra da ormai tre anni.

«Si è trattato di atti vandalici che non rappresentavano più la protesta. Era delinquenza gratuita, fine a sé stessa. Dei ragazzini, tra i 14 e i 20 anni, di tutte le razze e le estrazioni sociali spaccavano le vetrine per rubare: materiale elettronico, scarpe, qualsiasi cosa. Delle baby gang già esistenti o costituite per l'occasione, senza alcun vero ideale da difendere - ha continuato Marco -. Hanno chiuso alcune stazioni della tube, ovvero la metropolitana, e deviato le corse dei bus. Sono state sbarrate le serrande di svariati negozi. Invece altri esercizi commerciali, soprattutto quelli gestiti dalla comunità turca, erano pronti a rispondere a eventuali attacchi anche con la violenza».

E mentre il premier Cameron, tornato in Inghilterra dalle vacanze in Toscana, predispone uno spiegamento di 16.000 agenti di polizia e la "linea dura", lo sconcerto dei trentini d'oltremanica è grande. «Sono stato deluso da quanto è accaduto. Ho sempre pensato che la società londinese fosse ben amalgamata, sebbene già mostrasse qualche ombra qua e là - ha concluso il regista -. È diventata una "guerra di tutti contro tutti", dove l'egoismo ha preso il sopravvento».

A fargli eco Aurelio Laino, un altro regista trentino trapiantato in terra britannica: «Londra è una città dove convivono oltre 200 etnie. Io l'ho sempre vista come un luogo in cui l'integrazione è possibile. Per questo, sono sorpreso. Non avevo avuto nessun sentore di quello che stava per accadere. È assurdo».

Il dibattito sugli scontri di Londra impazza anche su Facebook. Luisa Casagrande, una laureata in Giurisprudenza a Trento che ora vive a Londra, scriveva lunedì all'ex compagno di corso Luca Carollo: «Non sei uscito vero? Perchè ci sono casini in giro e hanno chiuso diverse linee della tube». E l'amico le risponde: «Siamo appena stati a Camden Town. C'erano disordini anche lì, ma la stazione della metropolitana era ancora aperta. Londra è talmente grande che quasi non ci si accorge di quello che sta realmente succedendo. Ma, a quanto pare, la situazione sta degenerando». E dopo gli oltre 1.500 fermi in tutta l'area britannica e alcuni morti, forse la situazione sta rientrando. Ma, intanto, ci si continua a chiedere: perché?













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